Kurdistan, referendum in bilico. Bocciato da Turchia, Iran e Usa

Kurdistan, referendum in bilico. Bocciato da Turchia, Iran e Usa
Il leader del Kurdistan iracheno Massoud Barzani
23 settembre 2017

Il leader del Kurdistan iracheno Massoud Barzani ha rinviato a domani la conferenza stampa fissata per oggi in cui dovrebbe annunciare se procedere con il referendum sull’indipendenza annunciato per lunedi’ 25 o se rinviare il voto. Con l’avvicinarsi della data per il referendum, si sono intensificate le pressioni internazionali per annullarlo: dalla Turchia all’Iran e, soprattutto, agli Usa che chiedono di annullarlo perche’ metterebbe a rischio la stabilita’ dell’area. Ieri il leader curdo aveva detto che il referendum si sarebbe svolto come annunciato, nonostante l’avvertimento del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sui potenziali rischi di destabilizzazione della regione. “Il referendum non e’ piu’ nelle mie mani, nemmeno in quelle dei partiti: e’ nelle vostre mani” ha detto Barzani nell’affollato stadio di Erbil, la capitale della regione autonoma irachena. Ma, dietro le quinte, continuano le trattative per cercare di convincere il leader curdo a rinviare la consultazione, secondo i funzionari che seguono la vicenda. Sia Iran che Turchia hanno una considerevole popolazione curda e temono che il voto di lunedi’ inneschi un effetto di imitazione e riaccenda le istanze separatiste. Anche il governo federale di Baghdad si oppone al voto, bollato come incostituzionale. Giovedi’, il Consiglio di sicurezza dell’Onu e’ intervenuto pressando per “dialogo e compromesso” fra il governo di Baghdad e le autorita’ regionali curde. L’Onu sostiene anche la tesi americana che il voto indebolirebbe la coalizione impegnata nella guerra all’Isis “in cui le forze curde hanno ricoperto un ruolo decisivo”.

L’EVENTUALE SCENARIO FUTURO E LA TURCHIA

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Certo è che da lunedi’ prossimo molto potrebbe cambiare in Medio Oriente, con la nascita di un embrione di Stato per il popolo che lo aspetta da esattamente da un secolo, da quando il Trattato di Sevres stipulato alla fine della prima guerra mondiale apri’ le porte a un territorio indipendente destinato ai curdi, promessa poi cancellata dal Trattato di Losanna, quando l’area venne divisa tra Iraq, Turchia, Iran e Siria. Il prossimo 25 settembre, infatti, dovrebbe tenersi – tra le preoccupazioni americane per una spaccatura nel fronte anti-Isis e quelle turche per la realizzazione di un sogno proibito dei curdi – il referendum per l’indipendenza del Kurdistan iracheno. Il condizionale e’ d’obbligo, perche’ la consultazione proposta da Masoud Barzani, il presidente della regione autonoma dell’Iraq, e’ stata giudicata “incostituzionale” dal Parlamento di Baghdad e lo scorso 18 settembre, la Corte Suprema ne ha ordinato la sospensione. E proprio dalla Turchia arriva un avvertimento da parte del portavoce del presidente Recep Tayyip Erdogan, dichiarando che il referendum per l’indipendenza del Kurdistan iracheno avra’ “serie conseguenze” nei rapporti con la Turchia e “causera’ nuove crisi nella regione”. La Turchia si e’ piu’ volte schierata contro la decisione del presidente curdo Massud Barzani di far svolgere il referendum per l’affrancamento dal governo di Baghdad il prossimo 25 settembre, chiedendo non il rinvio, bensi’ la cancellazione del voto. “Erbil deve immediatamente fare marcia indietro ed evitare un errore che causera’ nuove crisi e tensioni nell’intera regione”, ha aggiunto il portavoce, Ibrahim Kalin. Le sue parole Kalin seguono settimane di scontri verbali tra Ankara ed Erbil, in particolare nell’ultima settimana la tensione e’ cresciuta, dopo che la Turchia ha schierato carri armati e uomini al confine sud est, in prossimita’ del territorio sotto il controllo del governo federale di Barzani.

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LA FONTE DIPLOMATICA

Secondo una fonte diplomatica curda, come ha spiegato ad askanews,  il referendum per l’indipendenza del Kurdistan dall’Iraq “si farà” lunedì prossimo come stabilito, e subito dopo la scontata vittoria del sì, il leader curdo Massud Barzani avvierà negoziati con il governo centrale di Baghdad per porre le basi di un “Iraq confederato”. “La scontata vittoria del sì non significa che subito dopo verrà proclamata l’indipendenza. Dopo la Brexit, la Gran Bretagna è entrata in trattative per definire l’uscita dall’Unione Europea in un arco di tempo intorno ai due anni. Nulla esclude che succeda la stessa cosa anche qui da noi”, ha detto la fonte diplomatica vicina alla leadership curda. Del resto di “trattative con Baghdad dopo il voto” ha parlato ieri lo stesso Barzani in una oceanica manifestazione tenuta a Erbil. Quindi, prosegue la fonte che ha chiesto l’anonimato, “l’idea della leadership curda è quella di entrare in negoziati con il governo centrale per mettere le basi di una confederazione in Iraq”. Insomma, i curdi potrebbero a quel punto rinunciare all’indipendenza in cambio di una confederazione. Riguardo alle forti pressioni da parte di Onu, Ue e molti Paesi per rinviare il referendum, la fonte spiega che “le posizioni pubbliche sono una cosa e quelle espresse in privato un’altra. Per esempio la Turchia che pubblicamente osteggia il voto, sappiamo che non prenderà misure ostili nei nostri confronti”. Il territorio turco rappresenta l’unico passaggio percorribile per le merci da e per il Kurdistan iracheno ed è inverosimile che la leadership curda sia così decisa come sembra, a tenere la consultazione senza avere avuto la luce verde da Ankara. La situazione politica irachena e’ frammentata: il governo di Baghdad e’ guidato dal primo ministro sciita, Haider Abadi, in carica dalll’11 agosto 2014. Il presidente della Repubblica e’ Fuad Masum, curdo; mentre il presidente del Parlamento, Salim al Jubouri, e’ sunnita. La popolazione e’ divisa tra sciiti, che abitano soprattutto le zone meridionali, e sunniti, tra cui i curdi, insediati soprattutto nel nord. Il territorio, in cui la guerra e’ tecnicamente finita nel 2011 con il ritiro delle truppe americane, e’ stato oggetto negli ultimi anni di combattimenti in particolare dopo l’esplosione della guerra civile nella confinante Siria. Al Quaeda, Al-Nusra e Stato Islamico sono i gruppi terroristici che, tra Siria e Iraq, hanno contributo a spargere sangue e guerra. L’Isis, proprio in Iraq, insedio’ la capitale del proprio autoproclamato califfato: Mosul, che a luglio e’ stata liberata dopo un assedio di quasi dieci mesi condotto dell’esercito regolare e della coalizione internazionale alla roccaforte jihadista.

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