La “mossa” preannunciata c’è stata, Matteo Renzi ha fatto un ulteriore passo in direzione di chi chiede di modificare l’Italicum, ma le aperture del premier non bastano alla minoranza Pd che, seppure con toni diversi, chiede al leader una proposta concreta già “nei prossimi giorni”. Un distinguo non da poco, perché Renzi ha invece rinviato a “dopo il referendum” la calendarizzazione della questione in commissione Affari costituzionali, limitandosi nell’immediato a promettere un sondaggio degli altri partiti affidato ad una delegazione Pd nella quale entrerà anche la sinistra del partito. Non a caso, in direzione la minoranza non partecipa al voto finale sulla relazione del leader. I toni, come spesso accade, non riflettono appieno la tensione che dilania il partito. Il leader riserva solo qualche frecciata alla minoranza (“Ho letto una girandola di interviste il giorno prima della direzione per dire no”), Gianni Cuperlo e Roberto Speranza replicano dicendo che ancora non basta, ma rinviano lo scontro finale. Una partita a scacchi, nella quale non è semplice distinguere la tattica dalla strategia. La proposta di Renzi prevede, appunto, una delegazione Pd composta dal vicesegretario Guerini, dal presidente Orfini, dai capigruppo Zanda e Rosato e anche dalla minoranza. Nella replica finale il leader ha fatto capire che la sinistra Pd ha chiesto di avere due rappresentanti nella delegazione.
Il compito, per Renzi, dovrebbe essere innanzitutto quello di sondare le posizioni degli altri partiti perché “il vero oggetto del contendere è se c’è o non c’è una maggioranza fuori dal Pd per cambiare la legge. Perché da soli non ce la facciamo”. Per dirla con un uomo della segreteria, “prima del referendum Fi e M5s non accetteranno niente”. Nel merito, Renzi ha detto di essere pronto a discutere di tutto: non solo del modo in cui vengono scelti i parlamentari e del dilemma ‘premio alla lista o alla coalizione’, ma anche del ballottaggio, “anche se sapete come la penso”. Una posizione, quella del premier, che secondo la minoranza rivela un tentativo di “bluff”, un modo per dire: io ci ho provato, ma gli altri non hanno voluto. Per questo Cuperlo e Speranza rilanciano. “La via che (Renzi, ndr) ha indicato qui, dal mio punto di vista si è come arrestata a metà del sentiero, ma è un segnale che voglio cogliere. Il tema però è se esiste la volontà di ricomporre una frattura destinata altrimenti a produrre un trauma”. Dunque, giusto andare a vedere se il premier fa sul serio. Poi, se non ci sarà un’intesa, al referendum Cuperlo voterà no e “insieme comunicherei al presidente della Camera le mie dimissioni da deputato”.