di Andrea Reale
Alla fine va tutto secondo i piani: la riforma costituzionale bypassa l’esame in Commissione e va direttamente in Aula, dove Matteo Renzi è convinto che i numeri ci saranno, lasciando i tempi necessari per approvare il ddl prima del 15 ottobre, quando l’apertura della sessione di bilancio imporrebbe lo stop. Ma resta il problema della “qualità” dei numeri, perché anche per il premier fa tutta la differenza del mondo se l’ok alla riforma arriverà con una sostituzione di fatto dei verdiniani e dei tosiani rispetto alla minoranza Pd; e resta soprattutto il problema di quanti voti questa eventuale nuova maggioranza dovrà affrontare: se cioè il presidente del Senato Pietro Grasso aprirà o meno agli emendamenti sull’articolo 2. Sul fronte dei numeri, è sceso in campo direttamente Renzi. Un incontro con Flavio Tosi a palazzo Chigi ha segnato l’ingresso delle 3 senatrici che fanno riferimento al sindaco di Verona nella maggioranza favorevole alle riforme. A questi vanno aggiunti almeno una decina tra gli uomini di Denis Verdini, più il “soccorso azzurro” che potrebbe arrivare da Forza Italia: 3-4 senatori potrebbero votare a favore, con il benestare di Silvio Berlusconi, altri potrebbero abbandonare l’Aula al momento opportuno per abbassare la quota di maggioranza. E poi ci sono i voti sparsi nel Misto, che compenserebbero le possibili defezioni in Ncd. Infine, dei 28 senatori della minoranza Dem, i renziani ne ritengono recuperabili almeno 6. Un quadro che però sancirebbe una variazione significativa della maggioranza. Ragion per cui i renziani continuano a coltivare la possibilità di un accordo che recuperi un numero più ampio dei senatori della minoranza. Come ribadito anche da Anna Finocchiaro.
Ma messo più o meno in sicurezza il pallottoliere, resta da vedere quante votazioni dovrà reggere questa variegata maggioranza. Se Grasso dovesse conformarsi al precedente stabilito in Commissione da Finocchiaro, ritenendo ammissibili solo gli emendamenti al comma 5 dell’articolo 2, la trada delle riforme sarebbe tutta in discea. Ma se invece il presidente del Senato – i cui rapporti con Renzi sono decisamente in freddo – dovesse aprire all’emendabilità di tutto l’articolo, allora il pallottoliere renziano dovrebbe reggere per moltissime votazioni. Ecco perchè – è la voce che gira in Transatlantico – il premier avrebbe in mente la contromisura. Che assomiglia più o meno all’arma totale: “Se si riaprisse l’articolo 2 – spiega un parlamentare – Renzi potrebbe rilanciare e proporre di abolire del tutto il Senato”. Una voce che viene confermata anche dalla minoranza Pd: “Ci stanno dicendo che già alla Direzione di lunedì Renzi potrebbe minacciare questo rilancio… Un’altra provocazione”. Ma la bomba H potrebbe essere sganciata solo nel caso in cui Grasso dovesse aprire a tutti gli emendamenti. Se invece così non sarà, la maggioranza avrebbe chance in più per convincere il maggior numero possibile di senatori della minoranza Dem: “Una volta che l’articolo 2 fosse dichiarato intoccabile – spiega un parlamentare renziano – la mediazione sul listino o su meccanismi simili acquisterebbe nuovo appeal. E magari saranno più di sei i senatori che la accetteranno”.