Renzi chiederà a direzione Pd elezioni anticipate. E già arriva lo stop di Bersani: “Non si vince sulle macerie del Paese”

Renzi chiederà a direzione Pd elezioni anticipate. E già arriva lo stop di Bersani: “Non si vince sulle macerie del Paese”
6 dicembre 2016

Domani sarà una vera e propria resa dei conti alla direzione del Pd, prevista a Roma alle 15. E già le dichiarazioni di Matteo Renzi e di Pier Luigi Bersani ne danno traccia. Il premier dimissionari vuole andare subito alle elezioni; l’altro, uno dei big della minoranza den, non ne vuole sentire parlare. Quindi, quello di Renzi, domani, potrebbe essere un discorso “molto netto” per disegnare un percorso per andare a elezioni anticipate prima possibile, già a febbraio. Chiedendo il mandato del Pd a rappresentare questa posizione e questa richiesta al Quirinale. Dopo la batosta del referendum, infatti, al premier, sbollita la rabbia iniziale che lo aveva portato a dire di voler mollare tutto, è tornata la voglia di vendere cara la pelle, tentando di tornare a palazzo Chigi dalla porta principale: il voto. Per avere una chance di successo, però, le elezioni politiche dovrebbero tenersi in tempi ravvicinatissimi. La decisione spetta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma se il partito di maggioranza dicesse che la legislatura è finita il capo dello Stato non avrebbe altra possibilità se non sciogliere le Camere. Non tutto il Pd, però, è pienamente allineato sulla richiesta di voto subito.

La sinistra Dem lo ha detto apertamente (ma Renzi, riferisce una fonte a lui vicina “non lo ritiene ormai un problema”, mettendo in conto la scissione) mentre per un prolungamento di qualche mese della legislatura sarebbe Areadem, la corrente che fa capo a Dario Franceschini. Non una corrente qualsiasi ma quella che, a conti fatti, ha la maggioranza sia nei gruppi parlamentari che nella direzione. Dunque il pressing dei collaboratori su Renzi è di presentarsi in direzione ammettendo la sconfitta, magari anche gli errori, ma anche rivendicando il 40% conquistato e chiedendo il consenso ad andare a elezioni anticipate. “Così stanerà chi è contrario a questo percorso – afferma un deputato Dem -. Se qualcuno vorrà una gestione diversa della crisi lo dovrà dire apertamente in direzione”. Questa è dunque la priorità, mentre la questione del nome del possibile premier di un eventuale governo che nascerebbe per portare il Paese al voto non sarebbe da porre ora nel partito. Anche perchè in caso di elezioni anticipate a data certa a palazzo Chigi potrebbe restare lo stesso Renzi.

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“Mattarella ha fatto capire di puntare su Padoan o Franceschini – spiega un parlamentare della maggioranza Dem – ma la realtà è che nessun profilo convince i renziani”. Che fiutano (o sospettano) la possibilità di una ‘trappola’: “Quando uno va a Palazzo Chigi poi è difficile dirgli di farsi da parte. C’è addirittura chi in passato si è fatto un partito da questo palazzo….”, è la sintesi. E dunque? “Beh, se si andasse a elezioni a febbraio o marzo, in accordo con Mattarella, il premier potrebbe restare dimissionario a Palazzo Chigi. Alla fine sono solo due mesi con le Camere di fatto già sciolte per andare alle elezioni…Se si riesce si fa la legge elettorale, altrimenti, più probabilmente, si attende la Consulta e si va con l’Italicum emendato alla Camera e con il Consultellum al Senato”. Lo schema, in pratica, seguito da Giorgio Napolitano dopo le dimissioni del governo Monti nel dicembre 2012. Ma come detto, si tratta di uno scenario che non va giù a Bersani. “E’ sbagliato correre verso elezioni anticipate – tuona -. “Lo dico da tempo: non si vince sulle macerie del Paese”.

 

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