Renzi ci mette “la manina”: mia la norma fiscale sul 3%

Renzi ci mette “la manina”: mia la norma fiscale sul 3%
8 gennaio 2015

 

di Andrea Reale

Matteo Renzi ci mette la faccia. O meglio la “mano”: il premier si prende la paternità della contestata norma fiscale del 3% (“La manina è la mia”), ne difende la ratio, ma al tempo stesso lascia aperta la questione fino al 20 di febbraio. Solo tra un mese e mezzo, quando sarà convoicato il Cdm per varare definitivamente il decreto legislativo, si saprà quali saranno le modifiche cui anche oggi Renzi – nell’assemblea con i deputati Pd – ha fatto riferimento: “Quello che va modificato si modifica ma nell’interesse degli italiani”, mettendo da parte “l’ossessione che ha dominato ventanni di politica italiana consentendo a Berlusconi di governare. Noi non facciamo leggi ad personam, non ne facciamo contra personam”.

Ma appunto, quali saranno le cose da modificare si saprà solo tra qualche settimana, e dunque – presumibilmente – dopo che sarà stato eletto il nuovo Presidente della Repubblica. Per ora la strategia del premier è metterci la faccia: “Se qualcuno immagina chissà cosa, dico che la ‘manina’ è la mia. E non perchè voglia difendere qualcuno dei miei” ma perchè “abbiamo discusso, approfondito punto per punto, siamo entrati nel merito. Questo è il modo in cui un governo governa”.

Una difesa che riguarda anche Pier Carlo Padoan (foto), il primo a finire sul banco degli imputati per la norma considerata pro-Berlusconi e neanche troppo velatamente uno scambio in vista dell’elezione del Presidente della Repubblica: nell’incontro di questa mattina tra il premier e il ministro dell’Economia si è registrato “pieno accordo” sulla delega fiscale, spiegano fonti di palazzo Chigi, per arrivare al Cdm del 20 febbraio con un provvedimento che “sarà modificato, molto più ricco e più ampio”.

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Fino a quella data però, non si saprà come il governo intende modificare la norma. A nulla sono valse le richieste esplicite avanzate oggi nell’assemblea Pd dai deputati di minoranza, D’Attorre in testa, che hanno chiesto di sciogliere la questione prima delle dimissioni di Napolitano. A loro Renzi replica così: “La discussione avrà un momento chiaro, trasparente in cui si va a spiegare ‘queste sono le norme, questo abbiamo fatto’. E poi ci si assume la responsabilità di votare”.

Piuttosto, il premier preferisce concentrarsi sulle riforme, il motivo originario della convocazione dell’assemblea. Anche in questo caso con un avvertimento alla sinistra interna: “Se viene meno l’architrave delle riforme costituzionali viene giù tutto”.
Bisogna fare le riforme per essere una legislatura che “esiste” e non diventare una legislatura che “resiste”. E gennaio “è il bivio” tra queste due strade e dunque “bisogna allacciarsi le cinture non solo per la riforme e la legge elettorale e non solo per il jobs act o per il fisco: non per paura, ma perchè siamo alla prova dei fatti”. Su questi temi “si può ragionare”, concede, “ma si deve essere rapidi”.

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