Matteo Renzi continua la sua battaglia con la Ue, “non sullo 0,1%” di deficit in più, ma sulle “regole” e i principi. In primo luogo sul bilancio Ue (“Chi prende i soldi si prenda anche i migranti”) ma mettendo in chiaro l’obiettivo del 2017: l’addio al Fiscal compact. Il patto fiscale tra i Paesi Ue, che “nel 2012 fu votato da Monti, Berlusconi e Bersani”, arriva infatti a scadenza nel 2017, in coincidenza con le celebrazioni dei Trattati di Roma: il prossimo anno “arriva alla prova dei fatti, e c’è da decidere se inserirlo nei Trattati” o se abbandonarlo. Ecco dunque il punto di caduta della battaglia sulla flessibilità e contro l’austerity: evitare che il rigido e severo accordo sulla riduzione di deficit e debito sia inserito nei Trattati Europei. Una battaglia sulla quale il presidente del Consiglio chiama a raccolta anche l’opposizione: “La nostra proposta di rimettere in discussione il bilancio Ue e la politica economica, sia portata avanti anche dagli altri partiti e dalle opposizioni”.
Per Renzi infatti “non è decisivo lo 0,1%” di deficit al centro del confronto tra Ue e Italia: “Io voglio difendere l’Italia, nella battaglia storica perché il bilancio europeo tenga insieme diritti e doveri. Vogliamo cambiare le regole europee fatte in passato. Non c’entra lo 0,1”, ha detto il presidente del Consiglio, minimizzando il probabile arrivo di una lettera da parte della Commissione Europea sulla manovra di Bilancio: “Quante volte l’ha mandata? Sempre. A quanti Paesi? Almeno 5 o 6. E’ il fisiologico dialogo tra istituzioni”. E attacca ancora una volta i Paesi dell’Est che non accolgono i migranti: “In passato l’Italia ha detto sempre di sì a tutto, ma noi siamo contributori dell’Europa: ogni anno diamo 20 miliardi e ne riprendiamo solo 12. Possiamo cominciare a far sì che quelli che prendono i soldi prendano anche i migranti? Ma i Paesi dell’Est salvati dalla Ue oggi chiudono le porte. E’ inaccettabile”. Ma oltre al fronte europeo, Renzi porta avanti altri tre scontri. Uno è quello con la minoranza interna: prima spiega che la norma sui contanti è stata tolta perché “non avrebbe funzionato”, e poi attaccando Bersani, che quella norma l’aveva battezzata “Corona”. Per il fotografo Fabrizio, non certo per la birra messicana, ma lì va Renzi: “Norma Corona lo può dire chi è esperto di birra…”. Sarcasmo anche su Massimo D’Alema: “C’è chi ha l’endorsement di Obama, e chi quello di D’Alema”.
L’altro scontro è con le opposizioni, per il ritardo nella prentazione della legge di Bilancio: va presentata alle Camere entro il 20 ottobre, “ma non è un termine prescrittivo”, afferma il premier, assicurando che comunque la manovra arriverà a Montecitorio “entro questa settimana”. Spiegazione che fa infuriare i capigruppo delle opposizioni, unitamente alle accuse per variare i saldi della legge di Bilancio con la contemporanea presentazione del dl Fiscale. Per Arturo Scotto (Sinistra Italiana) semplicemente “Renzi non dice il vero”. Per Laura Castelli (M5s) anche Padoan “non rispetta le regole” e “dovrebbe dimettersi”. Mentre Renato Brunetta denuncia “l’attacco alla Costituzione”, chiama in causa il presidente della Repubblica Sergio Mattarella definendolo “corresponsabile” e minaccia “il Vietnam in Parlamento”. L’ultimo terreno di battaglia è quello sugli stipendi dei parlamentari, alla vigilia dell’arrivo alla Camera della proposta di M5s per ridurre gli stipendi (non i rimborsi) di deputati e senatori. “Perchè ai parlamentari invece di dare l’indennità piena la diamo sulla base delle presenze? Di Maio ha il 37% delle presenze. Di Maio prende il doppio di me che non sono parlamentare, ma se fa il 37% delle presenze possiamo dire che alla fine del mese gli diamo il 37% dello stipendio?”.