Battute, atmosfera cordiale, ma anche temi seri come la crisi economica e la disoccupazione giovanile, hanno caratterizzato l’udienza ufficiale che Papa Francesco ieri ha concesso al presidente del Consiglio Matteo Renzi. Simili per certi versi, il presidente del Consiglio che “cambia verso” e il Pontefice impegnato nella riforma – organizzativa e spirituale – del Vaticano e della Chiesa mondiale, distanti – per età, riferimenti e sensibilità – i due uomini si erano già incontrati tre volte (un’udienza riservata ad aprile, alla partenza di Bergoglio per la Corea del sud e a Strasburgo il mese scorso). Ma stavolta era la prima visita ufficiale del premier in Vaticano.
Un appuntamento molto diverso, ad ogni modo, da quelli avvenuti in passato tra i presidenti del Consiglio italiani e i Pontefici. A Palazzo Chigi non c’è più, ad esempio, un Silvio Berlusconi che cercava Oltretevere un alleato sui “valori non negoziabili” di un’altra era ecclesiale. E nel palazzo apostolico (usato, peraltro, solo per le udienze ufficiali, e non come abitazione) c’è il primo Papa latino-americano della storia. Origini italiane, sì, ma – per quanto attento a drammi come l’immigrazione di Lampedusa o la crisi economica in Sardegna – piuttosto distante dalla politica italiana, come ha già dimostrato evitando interventi sui processi legislativi o accogliendo con freddezza i parlamentari ad una messa alle sette di mattina in San Pietro.
I colloqui, prima mezz’ora con il Papa poi un’ora dedicata ai dossier bilaterali con il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin (foto), “si sono svolti in un clima sereno e cordiale”, si legge nella nota finale del Vaticano. “L’attenzione si è soffermata, tra l’altro, sull’attuale contesto segnato da persistenti difficoltà di natura economica e sociale, con conseguenze negative soprattutto per l’occupazione dei giovani”. Poi, ancora, “si è condivisa la grave preoccupazione specialmente per il progressivo peggioramento dei conflitti nell’area mediorientale”, si è tornati sul discorso del Papa all’Europarlamento, e – senza ulteriori specificazioni – “si è rinnovato l’impegno delle parti a proseguire nella mutua cooperazione per risolvere alcune problematiche di natura bilaterale”. Matteo Renzi, che alla fine non ha concesso, diversamente dai suoi predecessori, un’intervista alla Radio vaticana, è giunto in Vaticano con un seguito nel quale spiccavano la moglie Agnese e i tre figli Francesco, Emanuele ed Ester. “L’altra volta mia figlia le portò il disegno del Papa vestito d’azzurro”, ha ricordato Renzi prima che le porte si chiudessero per l’incontro a quattr’occhi, “sicché i fratelli le dissero: ma perché azzurro? Sembra il grande puffo più che il Papa”. Questa volta, di conseguenza, “niente disegni”.
Renzi ha sottolineato una certa allergia all’etichetta: “Il Papa l’altra volta mi ha autorizzato a sbagliare sul protocollo”, ha scherzato al momento della stretta di mano davanti ai fotografi. Poi, al momento di scendere alla prima loggia preceduto dal corteo di gentiluomini di Sua Santità, ha scherzato nuovamente con il prefetto della Casa pontificia Georg Gaenswein: “Una processione laica”, gli ha detto, per poi parlare con il segretario di Benedetto XVI di calcio. Il premier ha poi presentato al Papa la delegazione, il “nuovo ministro degli Esteri” Paolo Gentiloni con moglie (“Da 35 giorni”, ha chiosato il titolare della Farnesina, “grazie per quello che sta facendo”, ha aggiunto), il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio e signora (“Loro hanno nove figli”, ha detto Renzi, “Avete vinto il campionato!”, ha commentato il Papa, “Anche la Champions league”, ha chiosato il premier), e – oltre all’ambasciatore presso la Santa Sede Francesco Maria Greco, il consigliere diplomatico alla presidenza del Consiglio Armando Varricchio e Alessia Cellitti del cerimoniale di Stato – il portavoce Filippo Sensi con moglie: “Loro hanno tre figli, nel campionato sono come noi”, ha commentato Renzi ma “praticamente – ha proseguito indicando il portavoce – da nove mesi stiamo tutti i giorni insieme”.
Il Pontefice ha regalato a Renzi la sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium e la consueta medaglia dell’Angelo della pace: “Lei lavora per la pace”, ha commentato il Papa, e Renzi ha assicurato: “La lasciamo sulla scrivania”. Il premier, da parte sua, ha regalato a Papa Francesco, in realtà poco incline all’alcol, una cassa di vin santo della valle del Chianti: “Tutto il vino d’Italia è buono, per carità, ma le abbiamo portato quello toscano… per la messa e non solo”. Prima di scendere da Parolin, Renzi ha ringraziato “di cuore” il Papa. Che lo ha ringraziato a sua volta per la visita, e, prima di lasciarlo uscire dalla biblioteca, gli ha sussurrato un’ultima raccomandazione all’orecchio. “Poi magari la cito senza dire la fonte”, ha commentato il premier.
Renzi ha lasciato il Vaticano oltre due ore dopo l’arrivo, attorno alle 13. Pochi minuti dopo, concluse le udienze mattutine – l’incontro con la Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti e un’associazione francese fondata da Gabriel Rosset e impegnata con i senza tetto – è uscito dal palazzo apostolico il Papa in persona e, sotto gli occhi del picchetto della Guardia svizzera che attendeva Renzi, è salito sulla consueta Ford Focus blu, con l’aiutante di camera che gli si è seduto accanto, per andare a pranzo nella sua residenza, a Casa Santa Marta.