Mette il sigillo sulla fine della legislatura, sull’elezione del Capo dello Stato e di conseguenza, sulle “sue” poltrone che continuano ad aumentare in Parlamento. Matteo Renzi, dal pulpito della Leopolda, in sostanza, getta la maschera, mostrando chiaramente il volto della spregiudicata sua mossa fatta all’indomani del giuramento del Conte 2, senza la quale, sarebbe finito nel tritacarne Pd-M5s. Invece, dando vita a Italia Viva, l’ex premier si ritrova con il pallino in mano sia sul piano governativo, sia su quello parlamentare e non ultimo su quello politico, mettendo soprattutto in fibrillazione Forza Italia dove in molti sono in cerca di nuovi approdi moderati per non restare schiacciati dai sovranisti. E così dall’ex stazione ferroviaria fiorentina, il leader di Iv si rivolge a chi, a San Giovanni, nella piazza che ha visto “il passaggio di consegne” tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, non c’era ma ha votato per Forza Italia, è un moderato e crede nell’Europa: “Venite a darci una mano, siamo una casa aperta”. Un gesto da “voltagabbana” per il capo politico dei 5stelle, Luigi Di Maio che fa sempre più fatica a dominare le scene dopo il ritorno da leader di Renzi.
Comunque un gesto, quello di aprire le porte agli azzurri scontenti, che la dice lunga sul progetto politico su cui da tempo sta lavorando il senatore di Scandicci. In scaletta, Renzi ha anche una citazione di Aldo Moro: “Se noi vogliamo essere ancora presenti, ebbene dobbiamo essere per le cose che nascono, anche se hanno contorni incerti, e non per le cose che muoiono, anche se vistose e in apparenza utilissime”. Eccola qui, dunque, l’avventura che inizia con la consueta sicurezza in sé che non fa difetto all’ex dem (e Renzi, dal palco, lo ammette) e che punta a portare Italia Viva ad essere un partito “a due cifre, è il minimo sindacale”. Il Pd è già il passato tant’è che l’ex segretario lascia alla capo delegazione di Iv al governo, Teresa Bellanova, l’attacco più duro. “Italia viva – dice la ministra – non è frutto di una scissione ma di una scelta di chiarezza perché c’erano troppi litigi, troppe bande armate” nel Pd mentre il nuovo partito con le ali rosa – no “non è un gabbiano” precisa Renzi ma “la spunta delle cose fatte” – “se arriva un ragazzo e ha una grande leadership gliela lascia esercitare e non ci si impegna solo per distruggergliela”.
Come dire, non ci si dovrà guardare le spalle dai colleghi di partito, né “difendere dagli attacchi di chi sta nella stessa casa”, ribadisce Renzi che non ha ancora digerito quei “brindisi” di alcuni colleghi il giorno dopo la sconfitta del referendum costituzionale. Poi mette sul tavolo del governo una proposta che è anche una sfida in vista del vertice di maggioranza previsto oggi: una spending review in grado di tenere basso il carico fiscale sui cittadini: “Caro presidente Conte, se vuoi combattere l’evasione fiscale, ti faccio conoscere il luogo da cui sono nate le misure che hanno fatto recuperare 15 miliardi di evasione”, dice indicando la platea della Leopolda e ricordando che “teniamo la pressione fiscale alla stessa percentuale dello scorso anno”. Da qui “la nostra proposta: abbassiamo le spese mettendo cinque professionisti coinvolti da Italia Viva a lavorare alla revisione della spesa”. Pallino in mano a Palazzo Chigi, come detto, ma anche per il dopo Mattarella. “L’obiettivo è concludere la legislatura ed eleggere nel 2022 un presidente della Repubblica europeista e non sovranista”, puntella nel discorso finale della tre giorni di Firenze dove, checchesenedica, Renzi ha dimostrato certamente di aver avuto fiuto politico.