Renzi insiste: congresso Pd subito. E su Europee apre a Martina

Per l’ex segretario serve costruire una coalizione che vada da Macron a Tsipras

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Matteo Renzi da voce ai sospetti che cova da mesi: nel Partito democratico, segnatamente nella vasta area che si sta coagulando attorno al presidente della regione Lazio, si cova la speranza di arrivare, presto o tardi, ad una alleanza con il Movimento 5 Stelle. E poco importa che il diretto interessato, Nicola Zingaretti, abbia smentito piu’ volte precisando di voler parlare agli elettori che hanno votato M5s e non certo convolare a nozze con Luigi Di Maio e compagni. No, l’ex segretario dem non e’ affatto convinto: “il Pd e’ diviso, ma qual e’ l’elemento di divisione del Pd? Non il congresso, ma se al congresso o alle primarie il Pd sceglie di fare l’accordo con i Cinque Stelle oppure no. E’ una idea che c’e’ nel Pd, qualcuno dice che Salvini e’ brutto e cattivo, i Cinque Stelle sono buoni, andiamo con i Cinque Stelle”.[irp]

E’ la ragione che – come spiegano fonti parlamentari vicine a Renzi – porta l’ex premier a respingere con forza qualsiasi ipotesi di sostenere Zingaretti, al momento unico candidato al congresso. “Escludo in maniera tassativa che io possa fare un accordo di governo con il M5s”, sottolinea ancora per poi ricordare “Hanno vinto loro, gli italiani se ne accorgeranno, e’ una ruota che gira, vedremo chi ha ragione. Noi Pd che ci andiamo a fare la stampella ai Cinque Stelle? Sarebbe uno squallido trasformismo”. Prima di compiere questa scelta, tuttavia, c’e’ da celebrare il congresso e se il presidente del Pd, Matteo Orfini, sembra frenare, per Renzi “e’ gia’ partito, di fatto” con la corsa della candidata renziana Simona Bonafe’ contro Valerio Fabiani, che Renzi non nomina limitandosi a chiamarlo “il candidato zingarettian-orlandiano” e attribuendogli al momento uno svantaggio di circa 40 punti. Su un punto Matteo Renzi apre a Martina ed e’ quello che riguarda le prossime alleanze europee. Una coalizione che vada da Macron a Tsipras, cosi’ come chiesto dal segretario Pd? “Assolutamente si'”, risponde Renzi.[irp]

Di diverso avviso, si diceva, Matteo Orfini che in una intervista ha sottolineato la necessita’ di rinviare il congresso a dopo le europee. “Io propongo di fermare il congresso e ripartire dalle europee”, e’ la ricetta del presidente dem, “i principali leader del Pd e intellettuale di area partecipino scrivendo il programma, candidandosi, facendo campagna, con l’obiettivo di salvare l’Europa. E il futuro segretario sara’ quello che dimostrera’ di essere piu’ bravo in quella battaglia. Io aprirei le liste ad un processo per rifondare il Pd, con lo stesso nome, ma nuovo e aperto, che vada Sto arrivando! Savino e Calenda, passando per Cacciari, ovviamente azzerando le cariche”. Su divano di Vespa, al contrario, Renzi si mostra scalpitante, “il congresso comincia domani”, anche se nella sua area non si e’ ancora trovato un candidato da schierare contro Zingaretti. Stando agli ultimi rumors si starebbe ragionando sul nome di una donna, con Teresa Bellanova sempre avanti, mentre la strada che porta alla candidatura di Graziano Delrio sembra abbandonata.[irp]

Qualche segnale in piu’ potrebbe arrivare dalla Leopolda a fine ottobre o dal ‘ritiro’ renziano di Salsomaggiore a novembre. Intanto, pero’, “il partito democratico smetta di piangersi addosso”, chiede Renzi, e ricominci a “insistere sui nostri temi”. Di argomenti che marchino la differenza con chi oggi guida il Paese, d’altra parte, ce ne sono. Renzi elenca le promesse che ha mantenuto da premier, a partire dagli ottanta euro che diventano il guanto di sfida a Di Maio e Salvini: “Li tolgano e si guadagneranno il mio rispetto”, dice riferendosi a una delle promesse “fatte e non mantenute” del tandem di governo, bersagli prediletti delle sue frecciate. Se Salvini e’ il ministro dell’Interno del “prima gli ungheresi”, con riferimento al rapporto privilegiato con Orban, Di Maio e’ il ministro dello Sviluppo che odia chi crea lavoro, come dimostra anche il decreto dignita’ “che elimina 80 mila posti di lavoro”. Ma ce n’e’ anche per Silvio Berlusconi, “che si e’ rimangiato la parola su Marcello Foa” aprendo di fatto alla maggioranza e lasciando il Partito Democratico a fare opposizione in perfetta solitudine.