Matteo Renzi non vuole rallentare sulla legge elettorale e sull’agenda, riferiscono i suoi, ha segnato, in rosso, due date: 24 settembre o 1 ottobre. In una delle due, secondo il segretario Pd, si può andare a votare. Ma l’accelerazione fa crescere il malumore tra molti parlamentari Dem. L’iter della legge elettorale ha subito un giorno di slittamento in commissione alla Camera, ma non cambia l’arrivo in aula, previsto per martedì. Per Renzi il percorso deve chiudersi in poco più di un mese, con il via libera del Senato entro il 7 luglio. A quel punto, è il ragionamento del segretario, si potrebbe dire che la legislatura è finita, sciogliere le Camere e andare a votare a fine settembre o, al massimo, nella prima domenica di ottobre. Tutto questo, però, senza considerare la possibile opposizione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che teme una fase di instabilità finanziaria per il Paese, andando alle urne prima di aver approvato la legge di Bilancio. Un’opinione che però, secondo i renziani, è superabile portando due “precedenti”: Berlusconi nel 2011 e Monti nel 2012 si presentarono dimissionari al Colle ma restando in carica fino all’approvazione della legge di bilancio. In questo caso, però, l’iter sarebbe diverso. E Renzi lo ha spiegato a “Porta a Porta”. Se dopo le elezioni, ci sarà difficoltà a formare un nuovo esecutivo “rimane il governo attuale, un governo c’è sempre in carica. In ogni caso predisporrà la manovra finanziaria se ci saranno dei problemi, o lascerà il testimone agli altri. È così quando cambia un governo”.
La strada imboccata da Renzi, però, provoca un terremoto nella maggioranza. “Ritengo conclusa la collaborazione col Pd”, ha detto il ministro degli Esteri e segretario di Ap, Angelino Alfano. “Chiediamo al Pd – ha aggiunto – di sostenere il governo Gentiloni. Noi come Ap non vogliamo farlo cadere. Chiediamo al segretario Renzi se vuole continuare a sostenere il governo Gentiloni. Il segretario del Pd vuole fare cadere anche il governo Gentiloni?”. Anche nel Pd, però, emergono malumori. All’assemblea del gruppo Dem alla Camera sono emerse voci critiche, a partire da Enzo Lattuca, che ha espresso dubbi sulla modalità di elezione dei parlamentari. “È stato un intervento molto applaudito – riferisce un deputato renziano, a microfoni spenti -. Del resto sono in molti ad avere malumori. Qualcuno avanza anche l’ipotesi che alcune parti della legge siano incostituzionali, e forse non ha torto”. “Del resto – aggiunge un altro deputato vicino al segretario – bisogna anche capirli. Vengono presentati i collegi all’improvviso e c’è da organizzarsi, c’è chi teme di non riuscire a tornare in Parlamento, ci sono molti che hanno bisogno della deroga e non si sa se la otterranno. Poi c’è la questione del dopo: le elezioni non le vincerà nessuno e c’è il rischio che la prossima legislatura duri pochi mesi. Nessuno tra noi vuole la grande coalizione”. Comunque, a difesa dell’accordo sul sistema tedesco “all’italiana”, nell’assemblea, sono intervenuti altri deputati. I malumori che serpeggiano tra i Dem, però, insieme alla parziale marcia indietro del M5s sull’accordo sulla legge elettorale, fanno venire qualche dubbio sulla riuscita dell’operazione. “A Palazzo Madama – commenta un senatore Dem – ci possono essere imboscate. Bisogna essere prudenti e non vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso”.