Dunque, nei ragionamenti dei renziani, cambiare l’Italicum è possibile solo con la vittoria del Sì e solo in chiave di attenzione ai centristi: “Non certo per la minoranza Pd, che tanto sta dicendo sempre ‘più uno’: prima volevano il premio alla coalizione, poi hanno detto che non bastava, che volevano il Mattarellum e adesso che va riscritta con i Cinque Stelle… Ragionare con loro è tempo perso”. Meglio guardare a Ncd, e anche a un centrodestra ‘di governo’. Perché, ragiona un dirigente Dem, “a noi un centrodestra credibile fa gioco: basta vedere il caso Milano e paragonarlo con Roma e Torino”. E allora il vice segretario Lorenzo Guerini assicura: “L’Italicum è una buona legge, ma siamo disponibili al confronto, se ci sarà una richiesta”. E un’autorevole fonte Pd spiega: “Da Renzi non è arrivata nessuna ‘scomunica’ all’apertura di Franceschini”. Per aggiungere: “E’ più facile che l’Italicum cambierà se vince il ‘Sì’ al referendum piuttosto che se vince il ‘No”. Perché in caso di bocciatura delle riforme, la posizione dei vertici Pd è chiara: “Non ci può essere spazio per altri governi”. Non a caso lunedì Matteo Renzi (foto sx, home) ha ricordato alla minoranza del partito che per fargli lasciare la carica di segretario del Pd “dovete vincere il congresso”.
E a quelli che potrebbero lasciare la maggioranza interna che “quando vorrete ritornare sul carro troverete il posto occupato”. Una linea che viene corroborata da alcuni retroscena che fanno riferimento alla possibilità di voto anticipato in caso di implosione di Ncd: elezioni che si terrebbero con l’Italicum per la Camera e il Consultellum per il Senato. Un quadro che “rende facile per il Pd costruire le larghe intese al Senato, ma che in caso di vittoria M5s a Montecitorio li vedrebbe paralizzati a palazzo Madama”. Ma sugli scenari post-referendum la determinazione dei renziani viene contraddetta da altre voci del Pd, anche della maggioranza: “Dipenderà innanzitutto da come si dovesse perdere il referendum. Se la sconfitta fosse di stretta misura, il Pd chiederebbe a Renzi di non dimettersi”. E nel caso in cui il premier non dovesse recedere dal suo intento di lasciare palazzo Chigi, non sono solo i parlamentari della minoranza a ritenere necessario un nuovo governo: “E i renziani potrebbero tornare ad essere una cinquantina, come nel 2013…”.