Renzi prepara elezione Quirinale: un nome, uniti su quello

Le riforme e in primis la legge elettorale, e lo snodo dell’elezione del successore di Giorgio Napolitano. Matteo Renzi si prepara ad affrontare l’intreccio forse più insidioso per il suo governo, e lo fa spronando all’unità il Partito Democratico: “Non dobbiamo ripetere gli errori del passato”, quando i franchi tiratori Dem affossarono prima Franco Marini e poi Romano Prodi. Perchè il Pd ha ancora una volta l’opportunità, e la responsabilità, di poter procedere – potenzialmente – quasi in solitaria alla nomina del prossimo inquilino del Quirinale: “Partiamo da una base di 460 grandi elettori, dipende in gran parte da noi”, ha sottolineato il premier nel breve discorso ai parlamentari e ai quadri del partito per gli auguri di Natale. E allora, se al quarto scrutinio il Pd sarà in grado di mettere in campo un nome secco, senza rose, e “non provocatorio”, sarà possibile chiudere la partita “in tempi rapidi” e senza traumi.

Certo, ripete il premier in questi giorni e conferma Maria Elena Boschi, “la nomina dovrà essere la più ampia e condivisa possibile”, saranno sentiti “tutti i gruppi parlamentari” e i partiti di maggioranza “saranno i primi interlocutori”. Ma dopo il via libera di Silvio Berlusconi ad un nome targato Dem, è chiaro che tutto passerà dalla compattezza del Pd: “Se noi saremo uniti – ragionano ai vertici del Nazareno – non ci saranno spazi per manovre di palazzo. Dal quarto scrutinio ci bastano solo 50 voti in più rispetto ai nostri”. A quel punto sarà fatto “il” nome, che “sarà tale da non poter essere vissuto come una provocazione: l’idea è quella di un uomo, o una donna, del Pd ma che possa essere votato dal più ampio schieramento possibile”, prosegue lo stesso alto dirigente Dem. Ma se il Pd dovesse nuovamente dividersi, con un nuovo psicodramma interno e il replay del 2013 – è il ragionamento al Nazareno – si innescherebbero dinamiche difficilmente controllabili, a partire dalla possibilità di portare a casa le riforme in cantiere. Ecco perchè “le prossime settimane saranno decisive per le sorti della legislatura e per il futuro del governo”, ha messo in guardia Renzi.

E allora il primo passaggio sarà sulla legge elettorale: soddisfatto per la calendarizzazione in Aula al Senato (il 7 gennaio), il premier sa che incassato il via libera di palazzo Madama all’Italicum la pistola delle elezioni anticipate sarà carica sul tavolo in caso di resistenze troppo veementi alla road map del governo. Solo dopo, presumibilmente, il Parlamento sarà chiamato al test-Quirinale: e se sarà superato positivamente lo scoglio su cui il Pd di Bersani naufragò nel 2013, allora sarà davvero possibile proseguire con le riforme costituzionali e con la riforma della giustizia. Allora avrà un senso per la legislatura proseguire fino alla scadenza naturale. Un messaggio chiaro alla minoranza Dem e a chiunque fosse tentato da ‘sgambetti’.

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