Sugli 80 euro arrivano i fischi. “Lo sapevo che a questa platea gli 80 euro non interessano – ribatte Renzi -, ma per chi guadagna 1.200 euro al mese sono una cena in più al ristorante, uno zaino nuovo… Sono un atto di giustizia sociale e lo rivendico”. Poi c’è la questione dei costi della politica. Torna in campo il sindaco, il ragazzo di Rignano sull’Arno. “Io guadagno 5 mila euro netti al mese che sono tanti, ho fatto l’arbitro in Garfagnana se pensate che mi spaventi una discussione sugli stipendi…” risponde a chi protesta. Ma, attenzione, la politica non è tutta uguale: “Io credo nella politica, fischiatemi pure se avete il coraggio. Non ho paura, ma sappiate che chi dice che va i politici sono tutti uguali fa il vostro male e non il vostro bene. Io difendo la politica con la P maiuscola”, attacca il premier. Renzi rivendica tutta l’azione del governo e solo “il rancore ideologico”, osserva, può impedire di gioire per i posti di lavoro che, spiega, citando l’Istat, “dal febbraio 2014 sono 455mila posti in più, più 390mila a tempo indeterminato. Aver cancellato l’articolo 18 non ha tolto diritti, non ha permesso di licenziare ma di assumere”. Ora, dunque, l’Italia può ripartire ma solo “se restituiamo fiducia ai consumi e smettiamo di lagnarci” perché “oltre alla rabbia dobbiamo avere anche un messaggio di fiducia per riportare l’Italia là dove le spetta. Se remiamo nella stessa direzione l’Italia ce la farà” e “tra dieci o venti anni sarà tra i vincenti”. Indispensabile per questo che la politica faccia la sua parte e “non sia una zavorra” come è stata in passato.