Renzi sempre più soft: “Se al voto vince il No non è la fine del mondo”
REFERENDUM Il premier prosegue la strategia di spersonalizzare il voto alle urne. Poi rilancia: “Se passa il Sì, Paese più semplice”di Filippo Caleri
di Filippo Caleri
Matteo Renzi prosegue nella strategia di spersonalizzare il voto del referendum costituzionale che si è trasformato, nella mente di molti elettori, in una consultazione pro o contro il governo. Ieri nel corso del suo intervento al Forum di Cernobbio il premier ha però fiutato il timore di una possibile sconfitta e ha precisato che “se vince il No non c’è la fine del mondo, rimane tutto come adesso”, anche se di sicuro, ha aggiunto “un Paese meno agile è un Paese meno forte”. Ed è questa la tesi che ha sostenuto il primo ministro: “Se al referendum sulla riforma costituzionale dovesse vincere il Si avremmo un Paese più semplice e con meno poltrone”. Renzi ha comunque ammesso che il referendum previsto per il prossimo autunno “è un passaggio molto importante ma c’è stato un eccesso di toni per responsabilità varie, e anche mie”. Un cambio di strategia comunicativa per invertire la tendenza degli umori degli elettori, anche (secondo i rumors) imposto dal Colle che non gradirebbe gestire una crisi di governo in un momento non brillante per l’economia e che metterebbe a rischio la riconquista stabilità, ma che le opposizioni hanno immediatamente interpretato la retromarcia sull’impegno a dimettersi in caso di sconfitta.
Renzi ha però chiarito che “se vincerà il Sì, come penso e ne sono convinto, ci sarà una semplificazione, non toccando nessuno dei pesi e contrappesi”. Nel tempo della velocità -ha proseguito – l’idea di avere un sistema barocco come il bicameralismo paritario è un elemento di debolezza del sistema Paese, e un Paese meno agile è un Paese meno forte”. In più secondo il capo del Governo, “la semplificazione del Paese che passa dalla modifica del titolo quinto permetterà all’Italia di avere un sistema più semplice nel campo dei rapporti stato-regioni”. Dal palco di Cernobbio Renzi è tornato anche ad attaccare la politica che ha inquinato negli scorsi decenni la gestione delle banche italiane. E che è ritenuta in gran parte “responsabile” della situazione creatasi nel sistema bancario italiano. Il premier ha messo il tema banche in cima all’elenco delle “cose negative” dell’ultimo anno, ma questa volta è stato perentorio: adesso “devono aggregarsi”. Ancora una volta sono state le banche popolari a essere additate come la pecora nera del sistema.
“In questi due anni e mezzo, siamo intervenuti togliendo ai dirigenti politici territoriali la possibilità di stare dentro le banche popolari e – ha aggiunto il presidente del Consiglio – garantendo delle regole più corrette per tutti”. Un’accusa alla quale ha risposto piccato Corrado Sforza Fogliani, presidente Associazione Nazionale fra le Banche Popolari: “Le affermazioni di Renzi, riferite a un modello europeo del sistema bancario differente da quello italiano, non possono essere condivise: in Italia abbiamo sia sportelli in meno che anche banche in meno di altri Paesi europei. Sicuramente c’è stato qualche caso di cattiva gestione, ma le Popolari hanno contribuito in maniera decisiva allo sviluppo del nostro Paese tanto da rappresentare il 25% della raccolta bancaria e del credito erogato”.