di Maurizio Balistreri
Scelte “personali”, ognuno precisa che la decisione di disertare gli incontri convocati da Matteo Renzi è stata presa individualmente, ma il dato di fatto è che tutta l’ala dura della minoranza Pd domani non si presenterà al Nazareno per parlare di fisco, scuola, Rai e ambiente. Non ci sarà Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo volerà a Cagliari, Rosy Bindi parteciperà ad una iniziativa a Bologna, saranno assenti Stefano Fassina, Alfredo D’Attorre, Davide Zoggia, Pippo Civati. Dal Senato, poi, arriva la lettera di venti Pd – tutti già impegnati nella battaglia contro l’Italicum – che dicono di avere “perplessità” sulla riunione. “I soliti – commenta un renziano doc – sono sempre gli stessi, su qualunque tema: le riforme, la legge elettorale, il Jobs act…”. Una diserzione che il vice-segretario Lorenzo Guerini assicura di “non capire” e che Renzi liquida così: “Non perdiamo tempo in polemiche sterili”. Una sicurezza, quella del premier, aiutata anche dal lavoro di diplomazia fatto in queste ore con il resto della minoranza, quello che fa capo a Roberto Speranza. Il capogruppo Pd alla Camera, nonostante l’intervista polemica dopo il decreto attuativo del Jobs act, oggi ha spiegato che domani andrà (“Passerò, certo, perché non dovrei?”), lo stesso faranno altri parlamentari comunque in minoranza.
Insomma, è la linea dei renziani, “alla fine sono una cinquantina quelli che cercano la lite. Altri mancheranno, ma non per motivi politici: la riunione è stata convocata mercoledì e tanti avevano impegni sul territorio”. Il premier, insomma, almeno a sentire i parlamentari a lui più vicini, sembra convinto di poter gestire il dissenso dell’ala dura. Una contrapposizione che, secondo qualche parlamentare Pd, Renzi addirittura cercherebbe per rimarcare sempre la differenza tra il Pd di prima e il suo. Bersani accusa il segretario di avere abbandonato il metodo-Mattarella, quello che ha tenuto unito il Pd, e attacca parlando di un partito ridotto al ruolo di “figurante”. “Non ci penso proprio (ad andare alla riunione, ndr). Perché io m’inchino alle esigenze della comunicazione, ma che gli organismi dirigenti debbano diventare figuranti di un film non ci sto”. Renzi ribatte: “Non capisco – aggiunge – la polemica di queste ore sulle riunioni di domani al Pd. Il nostro è un Partito democratico, nel nome ma anche nelle scelte e nel metodo. Tutte le principali decisioni di questi 15 mesi sono state discusse e votate negli organismi di partito. Il nostro popolo, quello che ci vota alle primarie e che, dopo tante sconfitte, ci ha dato il 41% per cambiare l’Europa e l’Italia, non si merita polemiche ingiustificate persino sugli orari e sulle modalità di convocazione di questi incontri informali”.