di Andrea Reale
Se il Pd è unito come oggi siamo il baricentro della politica italiana. E con la guida di un Pd unito, può proseguire il cammino delle riforme. Incassato il risultato, larghissimo, dell’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale, Matteo Renzi si gode lo spettacolo finalmente offerto da un partito compatto: il marchio dei 101 ora è superato, ripete con i suoi. Al tempo stesso, il mantra è “ricucire” con le forze politiche che finora hanno garantito i voti per il percorso riformatore: “Stima e amicizia” per Alfano, e ribadite certezze che Forza Italia non si sfilerà. Con la minoranza interna che invece a gran voce chiede di archiviare definitivamente il “metodo Nazareno” per inaugurare la stagione del “metodo Mattarella”. Ovvero partire dall’unità del Pd per poi confrontarsi con gli altri. Di sicuro, l’unità del partito è stato il primo obiettivo che il premier e segretario Pd ha cercato di conseguire nel passaggio del Colle. Nella riunione a palazzo Chigi seguita all’elezione di Mattarella, Renzi ha voluto per questo ringraziare tutti quanti hanno contribuito a tessere la tela: i vice segretari Guerini e Serracchiani (foto), i capigruppo Zanda e Speranza, il presidente Orfini. Gli stessi che hanno firmato l’sms inviato a tutti i grandi elettori Pd: “Grazie per la serietà. Siamo orgogliosi del Pd e di ciascuno di voi”.
Al termine della riunione, uno di loro spiega che i franchi tiratori Dem “sono stati solo 5. Un bel cambio di clima rispetto ai 101…”. Un numero che in realtà appare troppo ottimista, ma anche i più smaliziati vanno poco oltre la doppia cifra. Nel partito intanto si ragiona sulla ‘copertura’ a sinistra, con Sel che dopo due anni torna a votare con gli ex alleati; e sulle divisioni negli altri partiti, “uniti solo quando è il Pd ad essere diviso”. Di certo, Renzi si garantisce almeno qualche mese di tregua con la minoranza interna. E un altro elemento di tranquillità potrà arrivare dalla sostituzione di Maria Carmela Lanzetta al governo: il ministero per gli Affari Regionali potrebbe essere offerto ad un ex Ds. Ma i movimenti nel governo, almeno per le prossime settimane, dovrebbero fermarsi lì: la tensione durissima con l’Ncd durata fino alla notte tra venerdì e sabato, con la poltrona di Alfano e quella di Lupi più che traballanti, per ora è congelata. “Magari arriverà il momento in cui ci si porrà il problema di un partito che ha 4 ministri e ben pochi voti, o anche quello di un partito dello zero virgola come Scelta Civica che conserva un ministero come l’Istruzione. Ma quel momento non è ancora arrivato”, dicono fonti dell’esecutivo.
Che non si nascondono come una partito dilaniato come è appunto ora Ncd rischia di scaricare qualche tensione anche sulla maggioranza. E poi c’è il rapporto con Forza Italia: con i fittiani – almeno quelli più in vista – che passano veloci come il vento sotto il catafalco (“E’ chiaro che non siamo stati noi a disattendere la scheda bianca”, dice Raffaele Fitto), al Nazareno guardano a tutte le seconde file che – ad un controllo attento del video – hanno trascorso più tempo nell’urna. Un altro partito balcanizzato e fuori il controllo del leader. Un quadro che per la minoranza interna va appunto sfruttato per spostare più a sinistra il pendolo del governo: “E’ giusto cercare la convergenza ampia sulle riforme e anche su altri temi, ma oggi abbiamo dimostrato che si può partira dall’unità del Pd”. Presto per dire se sarà davvero così, ora sta a Renzi decidere se abbandonare il metodo Nazareno e sposare in pieno quello Mattarella.