Matteo Renzi riparte dalla piazza. Quella piazza che in questi ultimi anni, proprio l’ex premier ha snobbato trascinando il Partito Democratico al minimo storico dei consensi. Di più. Perché l’ex segretario ha lasciato nelle mani del povero Maurizio Martina un Pd senza un’anima, riuscendo a mettere tutti contro tutti in modo tale che rimanessero soltanto ceneri. Operazione riuscita. E così ora si torna ad implorare l’unità, ma continuando con la guerra fratricida tra coloro che puntano al comando della nave che non c’è.
Nessun cantiere s’è visto aperto in questi ultimi mesi. Renzi, tuttavia, ci crede: “Dieci anni dopo siamo ancora qua. A viso aperto, come sempre”. “I rigori – scrive il senatore dem su Facebook – si possono sbagliare, e anche a me è capito nel calcio come in politica. Ma devi sempre avere la forza di andare sul dischetto: altrimenti meglio cambiare mestiere”. E qui una riflessione va fatta. Perché parlare di “rigori sbagliati” quando s’è portato un partito allo sfascio, appare un’analisi quantomeno poco obiettiva. Sarebbe intellettualmente onesto, ammettere di aver perso l’intera partita. E già sarebbe un buon punto di ripartenza. In ogni caso, Renzi vuole archiviare il passato, legittimo. Quindi, nel corso della manifestazione svoltasi nei giorni scorsi a Roma, per l’ex premier, si riparte da una “resistenza civile”, perché comunque, “ci sarà modo per inventarsi insieme i prossimi dieci anni”. Ma Renzi, più che alle piazze di Roma, pensa già a quelle di Firenze e annuncia: “Tra qualche settimana avremo la Leopolda, sarà una bomba”. Ora bisognerà vedere dove esploderà.