di Gaetano Mineo
Renzi ha conquistato la Sicilia. La bandiera, il premier, l’ha messa sabato scorso nel corso di una visita lampo nell’Isola: Catania, Buonfornello e Palermo. Tre tappe animate da fastose coreografie, codazzi, bande musicali e anche da alcune proteste inscenate da precari e senza lavoro. Tre pulpiti dai quali il presidente del Consiglio ha strillato l’arrivo di miliardi di euro in Sicilia: due, quattro, dodici, sedici… Cifre stampate a caratteri bold su tutte le pagine dei giornali. Se un marziano avesse letto i quotidiani, non avrebbe esitato un attimo a chiedere la residenza nell’Isola, tenuto conto del benessere che da qui a breve avrebbe avuto la Sicilia con tutto sto ben di dio. Ma, il marziano, non ha letto i giornali. Non c’era. Per quanto riguarda i miliardi, invece, ne sappiamo ben poco. Molto poco. Siamo certi, però, che lo stesso premier, oggi, non ha la più pallida idea delle risorse da destinare alla Sicilia. Ma, soprattutto, non saprebbe da quale cilindro tirare fuori 13,4 miliardi di euro. Sì, proprio 27mila miliardi di vecchie lire. Perché queste sono state le cifre annunciate. E – euro più, euro meno – così suddivise: 1,4 miliardi dovrebbero andare alle città metropolitane Catania e Palermo, solo che al momento c’è la copertura per metà importo. Altri 12 miliardi di euro, somme da destinare allo sviluppo dell’Isola, dovrebbero essere spese entro il 2021 e di cui, 2,5 miliardi entro il 2017. Ma di queste ultime risorse, solo 300 milioni sono spendibili. Della rimanente parte, finora non c’è traccia. Renzi, non solo darebbe questi soldi ma, alla faccia dei governanti isolani, ha pure dettato tempi e opere che dovrebbero essere realizzate. Come dire, cantieri aperti per Palazzo d’Orléans. Faraone gongola. Il sottosegretario è stato incollato al braccio del suo capo per tutto il tempo della visita. Crocetta, invece, s’è limitato a qualche comparsa. Ma il premier non è venuto in Sicilia soltanto per annunciare questo fiume di danaro. Renzi, oltre ai due capoluoghi, s’è fermato al viadotto Himera, tratto autostradale della Palermo-Catania protagonista lo scorso anno di un crollo. Qui, il segretario del Pd ha inaugurato – si fa per dire – la riapertura di una semplice carreggiata del viadotto rimasto integro. Perché nell’altra parte dell’infrastruttura, quella ceduta, ancora ci si deve mettere mano. Tutto fumo e niente arrosto, recita un vecchio detto. Che, stando alla cronaca, appare attuale più che mai.
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