Renzi snobba Fi: su riforme avanti anche soli
Alfano: “Noi ci siamo”. In Senato si lavora su ex M5s e verdiniani
di Andrea Reale
L’errore da non commettere è pensare che le dichiarazioni di Luca Lotti e Debora Serracchiani siano una risposta all’ufficio di presidenza di Forza Italia. In realtà, nella cronologia della giornata la prima mossa la fa Matteo Renzi, e traccia la linea che poi si svilupperà nel corso del pomeriggio: “Porteremo a casa le riforme. Gli italiani con referendum avranno ultima parola. E vedremo se sceglieranno noi o chi non vuole cambiare mai”, twitta di prima mattina il premier. Solo dopo arriverà la nota di Fi, con la denuncia del Patto del Nazareno, e le conseguenti reazioni del Pd. Prima Debora Serrracchiani: “Se il patto del Nazareno è finito, meglio così. La strada delle riforme sarà più semplice. Arrivare al 2018 senza Brunetta e Berlusconi per noi è molto meglio”. Poi addirittura Luca Lotti, tessitore del Nazareno solitamente lontano dai commenti contingenti: “Contenti loro contenti tutti: ognuno per la sua strada. E’ meglio per tutti, per noi sicuramente”. Dichiarazioni arrivate con tempi di reazione degni di un centometrista.
La linea muscolare era dunque ampiamente prevista a palazzo Chigi. Nella convinzione che i rapporti di forza attuali siano clamorosamente a vantaggio del Pd. Intanto perché Ncd già sembra tornare all’ovile, con Angelino Alfano che assicura: “Noi ci siamo per sostenere le riforme: coi nostri voti e i nostri numeri c’è la maggioranza per le riforme”. E poi perché “se muore il Patto del Nazareno muore Forza Italia. Ancora qualche giorno di ‘sfogatoio’ poi tutto si sistemerà”, assicura un dirigente Pd. E se non si sistemerà, “nessun problema: in Senato la voglia di non andare al voto è tale che i numeri non saranno un problema”. E in effetti la voce che viene fatta circolare da palazzo Chigi è quella di nuovi arrivi nella maggioranza di palazzo Madama: da un lato una pattuglia degli ex M5s (Bencini, Campanella, Bocchino, Orellana, De Pietro, Casaletto i probabili), ma soprattutto i ‘verdiniani’: “Se Berlusconi ricompatterà il suo partito, tanto meglio. Ma se Fi dovesse implodere, i voti necessari arriverebbero comunque”. Un sostegno, quello degli uomini più vicini a Verdini, che sarebbe necessario in quanto nessuno fa troppo affidamento sulla solidità degli ex grillini: “Bastano due post su Facebook per spaventarli…”, ragiona un esponente Pd. Ma il combinato disposto sarebbe abbastanza per ottenere la maggioranza assoluta necessaria sulle riforme, e abbastanza anche per gestire la maggioranza in Senato. Appunto anche nel caso in cui Fi dovesse saltare.
Tanto più che nel giro di poche settimane la pistola di Renzi sarà davvero carica: “L’Italicum non cambierà”, dice la Boschi, con la Camera che a marzo dovrebbe approvarlo in via definitiva. “A quel punto la voglia di tornare al voto sarebbe ancora più bassa”. E dunque la maggioranza potrà essere ancora più serena. Ma in realtà la convinzione è che rispetto al pre-Mattarella non cambierà molto: “Con l’Ncd già stiamo ricucendo, con Forza Italia servirà un po’ di tempo in più. Ma torneranno a più miti consigli: uscire dal Patto – chiosa un dirigente Pd – a noi comporta appena qualche difficoltà in più, a loro l’esplosione”.