Politica

Renzi e strategia silenzio, data urne e legge elettorale? Decida il Pd. I bersaniani, si dimetta

Ha fatto sapere di voler rimanere in silenzio fino alla direzione del Pd che si terra’ il 13 febbraio. O almeno di non voler parlare di legge elettorale, di non voler entrare nelle beghe interne di partito. Renzi sceglie la strategia del silenzio: nessuna riposta ad Emiliano che ne invoca il passo indietro. E nessuna indicazione sulla strada da percorrere. Restano sul tavolo entrambe le opzioni: le primarie e le elezioni anticipate a giugno oppure le urne a scadenza naturale della legislatura con l’anticipo del congresso. L’ex premier non scegliera’ personalmente come uscire da questo bivio. Lascera’ al partito “la responsabilita’” di individuare la soluzione. Chiedera’ – riferiscono fonti parlamentari dem – a tutti di giocare a carte scoperte, sia a chi vede nel premio alla coalizione l’unico strumento per evitare la rottura definitiva nel partito, sia a chi – e il riferimento e’ alla minoranza – lo attacca e punta a disarcionarlo. Sara’ la direzione, probabilmente con un documento, a dover prendere la via piu’ opportuna, con l’impegno comune di percorrerla fino in fondo.

IL TIMING E’ la logica dell’allenatore che Renzi ha scelto di seguire: un modo per fare poi sintesi, ma anche per non imporre alcuna decisione. Il segretario dem, riferiscono le stesse fonti, resta convinto della necessita’ di ricorrere al giudizio dei cittadini entro l’estate ma non imprimera’ alcun accelerazione se non sara’ il partito a determinarla. Il ‘timing’ per arrivare alle urne e’ fissato ma e’ chiaro – spiega un renziano – che sara’ difficile anche farlo partire. Perche’ la scadenza del 27 febbraio – giorno in cui il testo sulla legge elettorale dovra’ giugnere in Aula – e’ a rischio per le resistenze del ‘partito del non voto’. Composto da FI, Area popolare ma soprattutto dalla minoranza dem. E’ a loro che puntano i renziani: “Noi – sottolinea un esponente di peso del Pd – faremo tutto il possibile per andare incontro alle loro richieste, poi ognuno prendera’ la propria strada. Il nostro problema e’ il loro atteggiamento, non quello di altri partiti”.

PASSO INDIETRO Ovvero in caso di scissione Renzi non potra’ che prenderne atto. Il clima si annuncia incandescente mercoledi’ quando si riunira’ il gruppo del Pd alla Camera (Renzi non dovrebbe partecipare all’incontro”. La minoranza dem nel frattempo pero’ non arretra di un millimetro. “Il segretario non si dimette – attacca Emiliano – perche’ ha un sacco di soldati e salmerie da collocare”. E’ ancora alto nei sondaggi perche’ ha il potere di fare le liste, il concetto del governatore della Puglia. Nel pomeriggio partono le risposte dei fedelissimi di Renzi: basta attacchi, serve lealta’, il congresso si fara’ nei tempi prestabiliti. E’ partito l’affondo finale dei bersaniani e delle altre componenti nel Pd che non vogliono Renzi alla guida del partito nella prossima campagna elettorale. “Con il premio alla coalizione – e’ l’ulteriore spiegazione dei bersaniani che si riuniranno giovedi’ – serve un federatore e serve anche discutere delle alleanze, Renzi faccia un passo indietro e convochi il congresso”.

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