Economia

Nuovo richiamo Draghi sui rialzi dei tassi a imprese e famiglie

Nuovo richiamo alla prudenza sui conti all’Italia, dal presidente della Bce Mario Draghi. Il capo della politica monetaria dell’area euro – che di fatto tramite il programma di quantitative easing sui titoli di Stato ha portato fuori dalla crisi l’Unione valutaria – è stato interpellato sull’acceso dibattito che circonda la manovra dalla domanda di un eurodeputato, Fulvio Martusciello, di Forza Italia.

La risposta è stata l’occasione per ribadire e precisare quanto aveva già affermato lo scorso lo scorso 13 settembre, quando disse che “le parole” della maggioranza di governo sul Bilancio avevano già causato “danni”. “Ho detto che le parole hanno fatto danni perché famiglie e imprese pagano tassi più alti di prima. Sui nuovi prestiti le banche hanno aumentato i tassi di un importo attorno ai 20 punti base, soprattutto alle Pmi. Per le grandi imprese che emettono obbligazioni i costi sono saliti di più di 60 punti base. Ma la questione importante – ha proseguito Draghi durante una audizione alla commissione Affari monetari – è che non sono solo saliti i tassi ma sono diventate più stringenti anche le condizioni relative alle garanzie richieste” dalle banche sui prestiti.

“Per quanto riguarda le famiglie, l’aumento dei tassi si è visto soprattutto nel credito al consumo, per circa 20 punti base e forse qualcosa di più. Sui mutui – ha aggiunto – il processo è più lento”. Più in generale “come ho detto l’altra settimana, occorre aspettare i fatti: la presentazione della legge di Bilancio e la discussione parlamentare. Entrambi – ha sottolineato il capo della Bce – sono importanti e delicati”.

Guardando a temi più generali, nell’audizione è stato ribadito il percorso di graduale rimodulazione degli stimoli, in particolare lo stop agli acquisti netti di titoli che interverrà, se l’inflazione continuerà a rafforzarsi come da attese, dopo dicembre 2018. Draghi ha poi precisato un aspetto chiave della nuova formulazione della “Foward guidance”, le indicazioni di orientamento sui tassi con cui ora la Bce afferma di attendersi di mantenerli ai livelli attuali fino all’estate del 2019.

“Questa formulazione – ha detto Draghi – è un elemento di calendario che si riferisce a quando ci attendiamo che ci saranno condizioni che potrebbero giustificare un primo aumento dei tassi”. In pratica ha esplicitamente indicato quando potrebbe arrivare un aumento del costo del danaro (peraltro prima dello scadere del suo mandato a ottobre 2019). I segnali hanno creato una certa volatilità sui mercati, in particolare sui cambi con l’euro balzato fino a 1,1816 dollari, sui massimi proprio dagli annunci Bce di metà giugno, salvo poi ritracciare a 1,1767 dollari in serata.

Infine il banchiere centrale ha toccato altri due temi sensibili. Il primo, sulle banche, quando ha rilevato come nell’area euro ci siano “ancora problemi ereditati dalla crisi. In alcuni paesi questi problemi sono sotto forma di crediti deteriorati, in altri sono asset level 2 e 3 le cui svalutazioni sono estremamente importanti. L’Unione bancaria può progredire – ha detto – solo se questi problemi sono affrontati”. E guardando da una prospettiva ancora più ampia, per il corretto funzionamento del sistema serve avere degli asset considerati sicuri: “sono essenziali per il sistema finanziario”. Prima “erano considerati tali i bond governativi, ora non è più così. Ci serve qualcosa di equivalente, anche come ampiezza di mercato – ha detto Draghi – e ancora non ce lo abbiamo”.

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