E’ giusto ricordare massacri disumani del Fascismo in Etiopia

I metodi sviluppati sarebbero stati usati negli altri paesi invasi dall’Italia come Jugoslavia

Esecuzione-italiana

I massacri in Etiopia a opera degli italiani, durante l’occupazione fascista (1936-41), sono stati elencati a Munster, nell’ambito del convegno interreligioso “Strade di Pace” organizzato dalla Comunita’ di Sant’Egidio. Massacri orribili e disumani, il cui ricordo serve per “tenere viva la memoria e non abbassare mai la guardia”. E’ stato il professor Ian Campbell dell’Universita’ di Addis Abeba a ricordare i martiri cristiani etiopi e la prima “evidente atrocita’ contro la Chiesa etiope” fu il massacro di Debre Lebanos, “massacro disumano in cui fu ucciso anche il vescovo Abuna Petros, morto tenendo la Croce al petto. Fu uno dei primi martiri cristiani di questa strage, ne seguirono 2.000 tra pellegrini, monaci e religiosi”. Nonostante la mancanza di addestramento militare e di armamenti moderni, “ogni qualvolta le armate etiopi riuscirono a opporre una seria resistenza, gli italiani – ha sottolineato Campbell – li batterono usando armi chimiche portate dall’aria; in questo modo centinaia di migliaia di etiopi, soprattutto dagli altopiani cristiani, morirono nella brutale invasione ‘senza prigionieri’. E quando gli invasori incontrarono l’ostilita’ dei civili o il risentimento verso di loro, risposero con una forma di ‘contro-insurrezione’ che consisteva in quella che oggi gli studiosi chiamano ‘repressione esemplare’: uccisioni e distruzioni con fuoco e a fil di spada tra i civili per dissuadere altri dal sostenere la resistenza”. I metodi sviluppati in Etiopia sarebbero stati usati negli altri paesi invasi dall’Italia – in particolare in Jugoslavia, “dove i comandanti militari erano spesso gli stessi generali che avevano affinato le loro tecniche in Etiopia. E gli stessi metodi sarebbero stati seguiti dai nazisti in Polonia e in Russia”.[irp]

“Il ‘regno del terrore’, esplicitamente prescritto per l’Etiopia a meta’ del 1936 da Mussolini, che il maresciallo Rodolfo Graziani applico’ con entusiasmo – ha aggiunto Campbell -, consistette ampiamente in rappresaglie di massa per oltraggi reali o immaginari contro l’esercito invasore. Molte atrocita’ erano perpetrate contro individui, comprese decapitazioni e persone scuoiate vive, mentre il piu’ popolare era mandare a fuoco le famiglie nelle loro case. Ma i metodi comprendevano anche atrocita’ su larga scala come il massacro di Addis Abeba, nel quale circa 20.000 uomini, donne e bambini disarmati furono macellati in un’orgia di distruzione e depravazione ordinata dal Partito fascista, guidato dalle Camicie nere, e condannata dall’ambasciatore americano come paragonabile a quel tempo soltanto al massacro degli Armeni; l’uccisione dei giovani Etiopi – un pogrom ordinato da Graziani e attuato dai carabinieri e dall’esercito regolare, in cui una generazione di Etiopi colti fu decimata soltanto perche’ erano degli intellettuali; e il massacro di Gogetti, un villaggio in cui Mussolini ordino’ personalmente l’esecuzione di ogni maschio sopra i 16 anni”. Per molti italiani “quell’impresa disumana divenne una Crociata in nome di Dio: ai soldati venivano distribuite cartoline in cui la bandiera italiana era accanto all’immagine di Gesu’ o della Vergine Maria, non mancarono connivenze di alcuni settori cattolici”. Per Campbell “conoscere questa storia serve a interrogarci sul presente: in questo modo i martiri non saranno morti invano. Occorre tenere viva la memoria e non abbassare mai la guardia”.[irp]