Cultura e Spettacolo

“Ride”, oltre i generi, l’adrenalina pura di una sfida al limite

E’ un’iniziezione di adrenalina il film “Ride”, diretto da Jacopo Rondinelli, interpretato da Lorenzo Richelmy e Ludovic Hughes, dal 6 settembre nei cinema italiani. Scritto da Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, mostra la sfida oltre ogni limite di due riders acrobatici che partecipano ad una misteriosa gara per vincere 250mila dollari. La loro diventerà in realtà una corsa estrema per la sopravvivenza.

“Ride” è girato con venti telecamere GoPro, in inglese, ed è un esperimento unico, visto che unisce vari linguaggi: dal filmato sportivo al thriller, dal videogioco all’horror, con un occhio al pericolo che può generare l’utilizzo irresponsabile di alcune tecnologie. Il regista spiega: “Ci sono dentro delle citazioni, c’è dentro un immaginario, parte dall’estetica degli sport estremi, dai filmati che ci sono su Youtube, su Internet con le Go Pro. Ci sono ovviamente delle cose che fanno sì che un film appartenga ad un genere, potrei dire un action-thriller. Tanta cose le abbiamo decise poi anche a posteriori, perché è un film, non essendo mai stata fatta una cosa del genere, poi quando ti trovi il materiale e vai in montaggio e vedi come le scene poi possono funzionare, ti rendi conto del potenziale di quel linguaggio lì e magari spingi anche di più l’acceleratore”. Per Richelmy è stata un’esperienza unica e esaltante, anche per la libertà che ha avuto sul set.[irp]

“Se stai a teatro sai che il tuo corpo verrà visto in una certa maniera, se c’è un primo piano al cinema è un’altra cosa – aggiunge -. L’attore rimane quello, però devi essere consapevole di quello che hai intorno. Qui non devi farci caso: dimentica del fuoco, la luce, del campo… Niente, è pura creatività. Per me era un godimento assoluto, era un gioco. Io andavo in giro con una macchina sul collo, una sul petto, una dietro il collo, una sul casco. Un processo creativo che era veramente simile al gioco. Quando loro erano nascosti, sembrava nascondino di qualcuno che non ti vede e ti dice ‘vai’. Era quella sensazione lì, quel gioco lì, che gli ha permesso di essere così coraggiosi, e di trasferire questo coraggio creativo a tutte le persone che lavoravano lì dentro”.

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redazione