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Riduzione inquinamento aria, per Ue obiettivi lontani. Anche l’Italia, fanalino di coda

La Commissione europea ha pubblicato il suo primo rapporto sullo stato di attuazione della direttiva Ue sugli impegni nazionali di riduzione delle emissioni, relativa ai cinque maggiori inquinanti atmosferici. Il rapporto conclude che la maggior parte degli Stati membri, Italia compresa, rischia di non rispettare i propri impegni di riduzione delle emissioni per il 2020 e poi per il 2030, e sottolinea la necessità di ulteriori misure per ridurre l’inquinamento atmosferico.

I cinque inquinanti considerati sono gli ossidi di azoto (Nox), i composti organici volatili non metanici (Covnm), il biossido di zolfo (So2), l’ammoniaca (Nh3) e il particolato fine (Pm2,5). La direttiva (Ue 2016/2284, detta anche direttiva Nec), in vigore dal 31 dicembre 2016, stabilisce impegni nazionali di riduzione delle emissioni di queste sostanze per i periodi 2020-29 e obiettivi più ambiziosi per il periodo dal 2030 in poi. Secondo la Commissione, una volta attuata pienamente, la direttiva ridurrebbe di quasi il 50 % l’impatto negativo dell’inquinamento atmosferico sulla salute entro la fine del decennio, e porterebbe benefici significativi per l’ambiente e il clima.

La direttiva Nec ha modificato e sostituito la normativa precedente del 2001 sui limiti delle emissioni (direttiva 2001/81/Ce), che prescriveva un tetto fisso massimo annuo nazionale espresso in chilogrammi per ogni inquinante atmosferico: al posto dei tetti quantitativi sono stati introdotti per ciascun inquinante gli impegni di riduzione delle emissioni, espressi in percentuale rispetto all’anno di riferimento, il 2005. Il vecchio sistema dei tetti fissi si applica ancor fino al 31 dicembre 2019; dal 2020 si passa alle riduzioni progressive in percentuale. Secondo la nuova direttiva, gli Stati membri erano tenuti a sottoporre alla Commissione entro il primo Aprile 2019 dei “Programmi nazionali per il controllo dell’inquinamento atmosferico”, da aggiornare poi almeno ogni quattro anni, e a scadenza più breve se lo richiedono nuovi dati. L’Italia è uno dei paesi più ritardo per la notifica a Bruxelles del proprio Piano nazionale: nel maggio scorso ne aveva presentato solo una bozza.

La direttiva Nec richiede anche agli Stati membri di presentare ogni anno, a febbraio, un rapporto sullo stato delle emissioni relativo alla situazione di due anni prima (“inventario delle emissioni”). Inoltre, gli Stati membri devono riferire alla Commissione ogni due anni le proiezioni delle emissioni nazionali dei cinque inquinanti atmosferici per gli anni 2020, 2025 e 2030, affinché l’Esecutivo Ue possa valutare se sono sulla buona strada per rispettare gli impegni di riduzione rispettivamente per il periodo 2020-2029, e dal 2030 in poi (in caso contrario, lo Stato membro interessato deve fornire delle giustificazioni).  Le proiezioni devono riguardare un primo scenario con le sole misure esistenti e, se occorre, un secondo scenario con misure aggiuntive. Se uno Stato membro prevede di soddisfare pienamente i suoi impegni di riduzione delle emissioni con le misure esistenti, non è necessario presentare le proiezioni del secondo scenario.

Secondo il rapporto pubblicato oggi dalla Commissione, in entrambi gli scenari, e per entrambi i periodi (2020-2029 e dal 2030 in poi) la non conformità con gli obiettivi è più frequentemente prevista per gli impegni di riduzione delle emissioni di ammoniaca (NH3), che provengono in particolare al settore dell’agricoltura, per il quale è richiesto un particolare sforzo. Non conformi, anche se in misura relativamente minore, risultato essere anche le emissioni degli inquinanti NMVOC, NOx e PM2.5. Le emissioni di biossido di zolfo (SO2) sono le uniche per cui, tranne alcuni casi specifici, al momento non sembrano esserci problemi per il rispetto degli impegni di riduzione. Nell’ambito dello scenario con le misure esistenti, l’analisi mostra che dieci Stati membri considerano di poter soddisfare tutti gli impegni di riduzione delle emissioni del 2020, mentre il numero scende a soli quattro paesi per quanto riguarda gli impegni per il 2030 e oltre.

Tutti gli Stati membri (tra cui l’Italia) che non rispettano i loro impegni di riduzione delle emissioni con le misure esistenti dovranno attuare delle misure aggiuntive. Tuttavia, nove di questi Stati membri, compresa l’Italia non hanno riportato nelle loro proiezioni lo scenario con le misure supplementari necessarie da mettere in atto, come sarebbero obbligati a fare. Fra i paesi che invece hanno presentato anche lo scenario con le misure aggiuntive, solo sette prevedono di rispettare i loro impegni di riduzione pienamente (per tutti gli anni e tutti gli inquinanti). La Commissione effettua anche delle valutazioni qualitative sulle proiezioni degli Stati membri, in base a cinque criteri: trasparenza, coerenza, comparabilità, completezza e accuratezza.

Il criterio meno rispettato, secondo il rapporto dell’Esecutivo comunitario, è quello della trasparenza, con 18 paesi (Italia compresa) che non forniscono sufficienti dettagli sulla metodologia e i dati in base a cui vengono elaborate le proiezioni. Anche l’accuratezza è giudicata insufficiente in 10 Stati membri, inclusa l’Italia. Sono invece considerate “buone”, in generale, la comparabilità a la completezza delle proiezioni. La conformità degli Stati membri agli impegni di riduzione delle emissioni del 2020 sarà verificata nel 2022, quando saranno disponibili gli inventari delle emissioni per quest’anno. askanews

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