Per Veronica Panarello “sussiste il rischio di recidivanza” perché ha dimostrato un'”odiosissima crudeltà e assenza di pietà” nel delitto con “una totale incapacità di controllo della furia omicidiaria”. Lo scrive il Tribunale del riesame di Catania nelle oltre 100 pagine delle motivazioni dell’ordinanza che ha confermato la custodia cautelare in carcere per Veronica Panarello, accusata dell’omicidio del figlio Loris di 8 anni a Santa Croce Camerina (Ragusa). “Una trama indiziaria fittissima che trova il suo addentellato principale nei comportamenti anche processuali della Panarello”. La donna, si legge ancora, “con agghiacciante indifferenza ha agito da lucidissima assassina manifestando una pronta reazione al delitto di cui si e’ resa responsabile”, con la “volonta’ di organizzare l’apparente rapimento del figlio Loris”. Per i giudici la madre del piccolo Loris avrebbe manifestato “una capacita’ elaborativa di una pronta strategia manipolatoria”.
“L’enunciato di acccusa non e’ sgretolato, come sostiene la difesa, da immagini sgranate ma confermato -secondo il Riesame- da un comportamento dell’indagata che, in questa fase incidentale, supporta ragionevolmente la consistenza dell’ipotesi accusatoria. Si delinea in tutta la sua dolorosa nitidezza, plausibilita’, verosimiglianza la probabilita’ alta della fondatezza dell’accusa. Le ragioni del delitto -si osserva nelle motivazioni- verosimilmente propiziato da una circostanza occasionale, la discussione con Loris che quella mattina, sconvolgendo i piani di Veronica Panarello, vuole rimanere con la mamma, incuriosito dal suo look esteticamente curato”.
E ancora. “L’assenza di sicuri elementi di prova circa l’evoluzione della disputa con il bambino che ha innescato la condotta non ha consentito di formulare ipotesi, supponendo che la Panarello, esasperata per il comportamento di Loris, sia rientrata in casa per controllarlo e, in preda ad un’incontenibile impulsiva furia aggressiva, abbia sorpreso il bambino, senza dargli nemmeno la possibilità di reagire, stringendogli attorno al collo il micidiale ‘cappio’ che aveva a portata di mano, legandogli, poi, i polsi nell’immediatezza del soffocamento, verosimilmente per simulare un omicidio a sfondo sessuale con sevizie, ad opera di un estraneo”.