Il Movimento 5 stelle non è un partito filo-Putin. A questa insistita, ripetuta rivendicazione di autonomia dalle influenze e dalle simpatie esterne (anche nei confronti di Donald Trump) si ispira il programma elettorale sulla politica estera della principale forza dell’opposizione parlamentare. In materia di politica estera, gli attivisti “certificati” hanno potuto votare una gerarchia di priorità, ma i contenuti sono stati formulati attraverso un lavoro che ha lasciato poco spazio alla fantasia collettiva della “base”. Le linee programmatiche del M5S, condensate in dieci punti e fondate, rivendica Di Battista, sul concetto di “sovranità” riecheggiano il sogno di una sorta di “terzismo” europeo. Multilateralismo, cooperazione internazionale, rifiuto della guerra e delle missioni militare ad eccezione delle truppe di interposizione Onu. Tradotto in termini di missioni italiane all’estero: Libano sì, Afghanistan no. “Ritireremo le truppe quando saremo al governo”, ribadisce Di Battista. “La più grande rivoluzione in politica estera – sostiene Di Stefano – oggi è osservare in modo pedissequo e preciso la carta delle Nazioni Unite”.
Netto anche il messaggio sui diritti umani, da non difendere “a giorni alterni”: ne deriva una dura presa di posizione, in netta discontinuità con la trasdizionale linea soft delle cancellerie occidentali, sull’Arabia Saudita “che – ricorda Spadoni – sta bombardando lo Yemen da due anni”. Il ripudio della guerra, nel documento in dieci punti che riassume le posizioni del movimento, è al secondo posto dopo la sovranità “Iraq, Somalia, ex Jugoslavia, Afghanistan, Iraq bis, Libia, Ucraina, Siria. L’elenco dei Paesi distrutti dall’unilateralismo occidentale potrebbe essere molto più lungo”, si legge. “E’ avvilente – spiega Di Battista – che per qualcuno parlare di pace, disarmo, rispetto dell’articolo 11 della Costituzione, sia utopia. Come se potessero governare solo quelli che parlano di guerre, di interventi armati e prove muscolari”. Da qui discende anche la richiesta di una “riforma” della Nato, i cui contorni non sono troppo definiti. “Rivedere le modalità di ingaggio, le modalità di interlocuzione, renderle più moderne, per permettere a una Nato migliore di poter affrontare in maniera concreta e moderna le realtà geopolitiche degli ultimi tempi”, è la spiegazione di Lucidi. Nel documento programmatico, si annuncia un preavviso di sfratto per i bombardieri atomici statunitensi.
“Consideriamo, inoltre, il nostro territorio indisponibile per il deposito e il transito di armi nucleari”, si legge. Quanto all’Unione europea, “si sta smantellando da sola” a giudizio di Di Battista, che ricorda come le istituzioni comunitarie “non coincidono per forza con l’unione monetaria”. E comunque critica una “Ue del tutto schiacciata su posizioni filoamericane”. Il Movimento 5 stelle critica la politica estera italiana ed europea, rivendica il no alle sanzioni alla Russia e accusa: “Non parliamo con i Brics (Brasile Russia India Cina e Sudafrica, ndr) che rappresentano cinque miliardi su sette totali della popolazione mondiale”. Anche sul terrorismo “serve una cooperazione reale delle intelligence, c’è il problema di come farle cooperare senza violazioni reciproche, ma la Russia è un partner in questo campo”. In definitiva, se in altri campi – come le politiche economiche e quelle del lavoro – non è facile leggere una linea univoca nelle proposte del M5S, sula politica estera il programma illustrato oggi sembra collocare la creatura di Beppe Grillo in una scelta di netta discontinuità rispetto alla tradizione di rigida fedeltà atlantista dell’Italia. Fino a che punto questa petizione di principio sia in concreto realizzabile, sarà misurabile solo nell’eventualità che i 5 stelle abbiano in futuro un effettivo ruolo di governo.