Riforma della pubblica amministrazione: “Non licenzieremo”

Matteo Renzi ha veramente cambiato verso. Basta con i lunghi consigli dei ministri in cui vengono discussi nel dettaglio i testi delle leggi, ora bastano le presentazioni. Così la riforma della Pubblica Amministrazione tanto annunciata slitta a data da destinarsi. “Domani (oggi, ndr)- spiega ospite di Porta a Porta – non ci sarà il decreto, ma ci sarà una conferenza stampa simile a quella definita ‘della televendita’. Siamo indecisi se ci saranno le slide. Ma non capisco le polemiche, come quelle sugli 80 euro, come se un impegno del presidente del Consiglio non valesse”. Eccolo qui il nuovo corso: basta che il premier lo dica e tutto, magicamente, si trasforma in realtà. Ora si potrebbe eccepire che gli 80 euro tanto decantati sono in realtà 54 e arriveranno ad una platea molto ristretta rispetto a quella prevista inizialmente. Si potrebbe anche ricordare che l’Italicum, considerato urgentissimo, giace da settimane al Senato e presto potrebbe essere modificato. Così come la riforma del Senato, che doveva essere approvata entro il 25 maggio e che ora sarà votata il 10 giugno. Termine ultimo perché, avverte Renzi, se non si fa lui lascia.

Un ricatto che non è proprio quello che ti aspetti da un presidente del Consiglio forte. Anzi. L’impressione è che Matteo, lentamente, stia cominciando a capire che non basta dire una cosa perché questa si realizzi. Il sistema parlamentare sarà anche farraginoso ma si basa su precise prerogative: le leggi le approvano Camera e Senato. Che possono modificarle, rallentarne l’iter e chi più ne ha più ne metta. Anche per questo domani la riforma della PA sarà relegata ad una presentazione. I fatti, forse, arriveranno. Due cose però Renzi le dice: “Nessuno verrà licenziato perché il governo deve tagliare, dobbiamo far lavorare di più e meglio i dipendenti e chi lo fa deve essere pagato di più. Molte cose faranno discutere, si va dalla giustizia amministrativa fino alle questioni legate alla retribuzione mega dei dirigenti e alla gestione della licenziabilità dei dirigenti”. E gli 85mila dipendenti in esubero indicati nel piano Cottarelli? “Una cifra teorica fatta – spiega -, ma non c’è un numero di esuberi, anche perché con il blocco del turn over fatto dai governi precedenti la percentuale dei lavoratori è come quella degli altri Paesi”.
In fondo è tutto “teorico” fino a quando a parlarne non è il presidente del Consiglio. (Il Tempo)