Riforme, le tre anime del Carroccio

SCOSSA NELLA LEGA Non è solo un problema di Forza Italia, da mesi lacerata tra i falchi e i nazareni. Anche tra i leghisti serpeggiano malumori di Carlantonio Solimene

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di Carlantonio Solimene

Non è solo un problema di Forza Italia, che ha passato mesi lacerata tra i falchi e i nazareni. Ora che il partito di Berlusconi sembra aver trovato una linea comune sulle riforme (senato elettivo nel ddl costituzionale, premio di maggioranza alla coalizione nell’Italicum) ad apparire ondivaga sembra la posizione del Carroccio. Nel quale si possono rintracciare almeno tre anime: c’è il leader, Matteo Salvini, che considera le riforme un argomento secondario sul quale è inutile esprimersi, “perché in questo momento alla gente interessa più il lavoro che non c’è e l’invasione straniera”; c’è il senatore Roberto Calderoli che si è detto sì pronto a seppellire sotto sei milioni di emendamenti il ddl Boschi, ma al tempo stesso ha affermato che in caso di senato elettivo sarebbe pronto a votarlo; c’è, infine, il governatore lombardo Roberto Maroni che ha definito la riforma addirittura “criminosa” perché “se dovesse passare guidare le Regioni diventerebbe impossibile”. Dove sta la verità? Difficile saperlo, ma alla base di tutto c’è l’oggettiva difficoltà per il centrodestra di rapportarsi con una riforma che, seppur carica di criticità, va comunque incontro ad alcuni dogmi del pianeta conservatore: potenziamento dei poteri del premier, superamento del bicameralismo perfetto. Come riuscire a condannarla totalmente? I verdiniani, infatti, non ci sono riusciti.