Riforme, c’è l’accordo Pd-FI-Lega
Sulle riforme costituzionali l’accordo è a un passo, ora bisogna accelerare. Il premier Matteo Renzi lo dice chiaramente nel corso del vertice dell’altra notte a palazzo Chigi con lo stato maggiore del Pd e lo ribadisce ieri. “Siamo al rish finale per questo è importante un confronto minuzioso su Senato e Titolo V nel momento in cui il Parlamento decide”, aveva detto Renzi a Delrio, Boschi, Lotti, Zanda, Speranza, Errani, Guerini, Serracchiani e Pizzetti. L’incontro – testi alla mano – si svolge nello studio del premier; “consultazioni” informali nell’ambito della maggioranza di governo, che proseguiranno con Scelta Civica, Nuovo Centrodestra e con le opposizioni, anche se non è stato fissato un nuovo incontro con Berlusconi (si vedranno il ministro Maria Elena Boschi e il presidente dei senatori di FI Paolo Romani), mentre quello con Beppe Grillo e i Cinque Stelle sarà la prossima settimana.
Nel vertice notturno di Palazzo Chigi prende forma la bozza di accordo che contempla il via libera di Forza Italia e della Lega Nord. La presidente della commissione Affari Costituzionali Anna Finocchiaro starebbe già lavorando agli emendamenti con Roberto Calderoli e gli sherpa di Berlusconi per aggiustare il testo del governo. Due le variazioni sostanziali. La prima: la composizione del nuovo Senato avrà più rappresentanti dei Consigli Regionali e meno sindaci (anziché un terzo dei componenti di Palazzo Madama un quarto o, addirittura 219). Il Senato eviterebbe così di diventare quella “Camera rossa” osteggiata da FI e Lega perché permetterebbe al Pd di eleggere da solo il prossimo Presidente della Repubblica, visto lo strapotere Dem nei Comuni. Un bilanciamento politico in grado di garantire le opposizioni. Seconda modifica: con la Lega l’accordo per la riforma del Titolo V – che prevede un regime di competenze meno rigido per le Regioni – è a un passo. Resta ferma l’elezione di secondo livello – cioè indiretta – dei nuovi senatori, col passaggio però da un sistema francese a uno più simile a quello tedesco.
“Ora bisogna completare il percorso su cui c’è l’accordo – è l’esortazione di ieri di Renzi ai suoi – Per cui aprire la questione del presidenzialismo è inopportuno e intempestivo. Siamo a un passo dalla chiusura, è inutile infilarci su un dibattito sul presidenzialismo”. Ma Berlusconi chiarisce che il presidenzialismo non è una conditio sine qua non . Anche i toni del Cav fanno supporre l’accordo a un passo. Il testo base del ddl costituzionale con le modifiche concordate da Pd, Lega e FI, approderà in Aula al Senato giovedì 3 luglio, così come deciso dalla conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama. “Ritengo – commenta il capogruppo Pd, Luigi Zanda – che la commissione per allora avrà terminato il suo lavoro e che l’Aula potrà dunque iniziare il suo”. Un’accelerazione che vede contrari Sel e M5S. Sui lavori della commissione pende poi il ricorso presentato da Mario Mauro alla Giunta del Regolamento sulla sua revoca dalla commissioni Affari Costituzionali.
La Giunta, convocata ieri, alla fine non decide e si aggiorna a data da destinarsi, con Mauro che formalizza al presidente del Senato e della stessa Giunta del Regolamento Pietro Grasso, la richiesta di sospendere i lavori della commissione Affari Costituzionali, in attesa che la Giunta decida sul ricorso dell’ex ministro sostituito da Lucio Romano. Un’istanza ritenuta fondata da Sel, M5S e FI. Sulle riforme c’è poi l’incognita Grillo. L’accordo a tre Pd-Lega-FI non può prescindere dall’incontro tra Renzi e il leader del MoVimento, dopo il quale potrebbe essere modificato. I grillini da tempo dicono di ritenere il testo del senatore pd dissidente Chiti alternativo a quello del governo “un buon punto di partenza” e vogliono mantenere l’elezione diretta del Senato. Una posizione che potrebbe trovare la convergenza di una parte del Pd, Sel, FI e Lega. (Il Tempo)