La riforma costituzionale del Senato e del Titolo V celebra il sesto e ultimo passaggio parlamentare in un’Aula di Montecitorio quasi deserta. Per l’ultima discussione prima del voto finale, infatti, i deputati presenti oggi sono stati all’incirca una trentina e anche i banchi del governo erano palesemente spogli, con i soli sottosegretari Sesa Amici e Luciano Pizzetti a fare le veci dell’esecutivo. Il dibattito è iniziato questa mattina con le proteste delle opposizioni che hanno chiesto un rinvio del voto e ottenuto solo la convocazione di una conferenza dei capigruppo. Ma per tutta la giornata sono rimasti a parlare in pochi. Gli iscritti a parlare erano in tutto 22 ma alcuni si sono ritirati, per protesta. Come la Lega che ha annunciato che diserterà il dibattito anche per non dare soddisfazione al premier che ha annunciato in più occasioni il suo intervento in Aula perchè questa è una “giornata storica”. “Non intendiamo prestarci allo squallido gioco di Renzi in cerca di visibilità mediatica. Sappia, il presidente del Consiglio mai eletto, che il Parlamento non è una succursale della direzione del Pd”, ha scandito il capogruppo leghista, Massimiliano Fedriga.
Diserteranno l’intervento di Renzi anche i deputati del Movimento 5 stelle: “Passate a Montecitorio alle 17. Mentre il Presidente del Consiglio delle banche parlerà dentro noi staremo fuori con un megafono”. E’ l’invito lanciato via twitter da Alessandro Di Battista. Polemica anche Sel con Arturo Scotto: “Renzi sbarca qui senza aver ascoltato il dibattito e dopo aver detto che l’opposizione si è comportata in modo antidemocratico”. Anche per Forza Italia questa riforma rischia di essere “anticostituzionale” perchè la maggioranza in Parlamento è stata dichiarata illegittima dalla Consulta che ha bocciato la legge elettorale. Ad esarcebare gli animi delle opposizioni è stata la determinazione del Pd ad ottenere il voto finale entro questa settimana. Le opposizioni infatti, M5S e Sel in particolare, avevano chiesto il rinvio del voto di una settimana, i primi per far votare al Senato la mozione di sfiducia al governo, i secondi perchè volevano dedicarsi alla campagna referendaria sulle trivelle che si concluderà con il voto di domenica. Ma la maggioranza ha risposto no e si dovrebbe cominciare a votare domani pomeriggio con il rischio un voto in notturna se le opposizioni metteranno in pratica l’ostruzionismo iscrivendosi in blocco per dichiarazione di voto. Stasera a fine seduta si riunirà la conferenza dei capigruppo anche per fissare il calendario dei lavori, con una probabile seduta-fiume le opposizioni costringeranno la maggioranza a restare in Aula a oltranza per evitare il rischio di imboscate notturne sul voto. Voto che potrebbe slittare a questo punto da domani a mercoledì se non addirittura a giovedì mattina.