Approdo, accoglienza, integrazione: sono le tre tappe finali dell’ultimo lungo tratto di viaggio che un profugo -in fuga dalle persecuzioni e dalla morte nel suo Paese- dovrebbe compiere una volta entrato in territorio italiano. Le morti in mare dei migranti, come le speculazioni sulla pelle dei profughi, modello “mafia capitale”, ci spiegano bene che queste tre tappe non sempre vengono raggiunte.Ma esistono anche esempi positivi. Realtà dove la pubblica amministrazione, società civile, e territorio riescono ad assumere scelte politico-amministrative, a definire regole e impegni affinché questo percorso si compia. “Le politiche nel campo dell’immigrazione in Trentino intendono favorire percorsi di convivenza ai fini del raggiungimento di una piena armonia sociale tra trentini e nuovi trentini. – dice Andrea Cagol – L’orientamento non è quello di creare servizi ad hoc di nuovi immigrati, ma di rendere servizi in grado di rispondere ai bisogni diversamente espressi dei nuovi cittadini”. Andrea Cagol lavora per Cinformi – un’unità operativa del Dipartimento Salute e Solidarietà Sociale della Pat, la Provincia autonoma di Trento, che ha come obiettivo quello di facilitare l’accesso dei cittadini stranieri ai pubblici servizi, così da agevolarli nella loro realizzazione umana e sociale, ovvero nella loro integrazione.”Se non possiamo trovare lavoro creiamo. E’ questo ci ha dato l’idea di aprire un negozio. La difficoltà di trovare un lavoro vuol dire stare in giro tutto il giorno. – racconta Soma Makan – Oppure lavori due mesi e poi sei a casa per sei mesi. E dopo torni allo Stato per chiedere aiuto. Ma non vogliamo aiuto dallo Stato vogliamo fare qualcosa: siamo giovani e realizzare il nostro futuro”. Soma Makan è arrivato a Lampedusa nel 2011 fuggendo dal Mali prima e dalla Libia, poi. Destinato al Trentino nella distribuzione delle quote di rifugiati, con l’aiuto di Cinformi e della rete di diversi soggetti impegnati nell’accoglienza è riuscito ad ottenere un finanziamento dal fondo europeo dei rifugiati, un credito dalla banca e ad aprire in centro a Trento “All’ombra del Baobab”, un negozio di oggettistica e gastronomia africana. Ma prima ancora ha imparato l’italiano. “L’apprendimento della lingua – prosegue Cagol – è un fondamentale strumento che favorisce i processi di inclusione sociale e, tenendo conto che in Trentino come nel resto d’Italia l’immigrazione sta assumendo contorni di stabilizzazione, quindi la lingua italiana è uno strumento condiviso tra trentini nuovi e trentini”. Sotteso a queste esperienze di integrazione è il tessuto economico e sociale del Trentino. Un territorio ristretto certo, ma dove gli oltre 50mila stranieri diventano anche più visibili rispetto i 530 mila abitanti di tutta la Provincia. E dove, dal punto di vista delle risorse, i 35-40 euro per migrante previsti al giorno come erogazione ministeriale hanno lo stesso valore economico che altrove, ma forse un peso sociale diverso. “In provincia di Trento – spiega Cagol – la somma messa a disposizione dallo Stato per l’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale viene sfruttata, per altro non integralmente, garantendo un’accoglienza che va oltre il soddisfacimento dei bisogni primari. Si cerca di fare un accompagnamento valorizzando soprattutto il tempo libero accanto la protezione che viene garantita”. Approdo, accoglienza, integrazione, tre tappe quindi raggiungibili. Come conferma Soma: “Quello che mi interessa è dove sono. E’ avere una stabilità un posto dove posso lavorare, avere la mia dignità e costruire il mio futuro”.