Riina jr, Commissione antimafia contro Vespa. Vertici Rai: “Ha parlato un mafioso”
POLEMICA PORTA A PORTA Dall’Orto: “Il direttore editoriale ha ritenuto che fosse giornalisticamente difendibile e potesse contribuire ad aiutare il confronto sul tema”
Sugli scranni della commissione Antimafia, ci sono i vertici della Rai. Ma sul banco degli imputati c’è soprattutto Bruno Vespa. La sua intervista a Riina jr, andata in onda nella puntata di ieri sera di ‘Porta a Porta’, resta al centro del dibattito politico e diventa oggetto di una convocazione in Parlamento dell’ad Campo dall’Orto e della presidente di viale Mazzini, Monica Maggioni, decisa in via urgente dalla presidente Rosy Bindi. La stessa che già ieri aveva parlato di “negazionismo” e che davanti alla dirigenza della tv di Stato non soltanto ribadisce quell’accusa, ma incalza: per quell’intervista – chiede – sono stati pagati dei soldi? Perché la libertatoria è stata firmata dal figlio del boss soltanto alla fine e non all’inizio come accade con tutti gli altri? E ancora: Riina jr ha parlato in modo “omertoso” e “reticente” ed è sembrato usare l’intervista per inviare messaggi agli altri clan. E non va bene – aggiunge – nemmeno l’idea di una “puntata riparatrice” come quella di stasera con il ministro degli Interni Alfano e Raffaele Cantone perché si fa passare il “messaggio gravissimo che ci possa essere par condicio tra la mafia e chi la combatte”. Negli stessi minuti, torna a tuonare anche il presidente del Senato, Pietro Grasso. “Io penso che il servizio pubblico – sostiene – non debba avere limiti all’informazione, ma deve imporre un diverso grado di responsabilità e di serietà. Non si può banalizzare la mafia”.
La domanda a cui in commissione i vertici della Rai sono chiamati a rispondere è soprattutto una: perché non si è deciso di fermare la messa in onda? La presidente Maggioni ci tiene a sottolineare che nell’atteggiamento della tv di Stato non c’è “alcun negazionismo” ma allo stesso tempo ammette: “Quel racconto ha moltissime cose che lo rendono insopportabile. Prima di tutto non rinnegare il padre e dare dall’inizio alla fine un’intervista da mafioso. Quale è”. E’ Campo Dall’Orto a spiegare come si è arrivati alla decisione di non fermare l’intervista. “C’è stato un confronto con il direttore editoriale, Carlo Verdelli, e lui – riferisce – ha ritenuto che fosse giornalisticamente difendibile e potesse contribuire ad aiutare il confronto sul tema”. L’ad sottolinea di non voler assumere un ruolo di censore, e di non voler essere colui che, da solo, tutto può e deve decidere.
“E’ difficile – spiega – accettare l’idea di censura verso qualcuno che ha una lunga storia professionale. Il come delle cose resta fondamentale. Non c’è una cosa che il sevizio pubblico non deve dire in assoluto, l’importante sono i modi”. Dunque, cerca di giustificare quanto è successo parlando di un’azienda in trasformazione che da settembre potrà avvalersi di una sorta di cabina di regia che sovraintenda alla “supervisione”. Di certo, aggiunge, a Riina jr non è stato versato un centesimo per quell’intervista. Quanto alla liberatoria, conferma che è stata firmata dopo ma assicura che “tutte le domande sono state fatte in piena libertà”. Di fatto, a finire nel mirino di buona parte dei componenti della commissione Antimafia è direttamente il conduttore di “Porta a porta” che alla fine viene difeso soltanto da Stefania Prestigiacomo di Fi e dal deputato di Area Popolare Gianni Sammarco.