Riparte al Senato la riforma prescrizione. Pd e Ap ancora lontani

GIUSTIZIA Una settimana complicata per la maggioranza. Si profilano sedute incandescenti in commissione a Palazzo Madama

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commissione giustiziaE’ una settimana complicata per la maggioranza: sul piano politico terranno banco le analisi del voto delle elezioni amministrative mentre a livello parlamentare si profilano sedute incandescenti in commissione Giustizia a palazzo Madama. Scade oggi alle 18, infatti, il termine per la presentazione degli emendamenti ai subemendamenti dei relatori Felice Casson e Giuseppe Cucca al ddl sulla riforma del processo penale e, in particolare, sulla prescrizione. Un tema, quest’ultimo, che ancora non è stato appianato tra gli alleati e che ha portato la coalizione sull’orlo di una crisi di nervi alla fine di maggio, a quando i relatori hanno depositato la proposta in base alla quale la prescrizione scatta non al momento della presunta commissione del reato ma da quello in cui l’autorità giudiziaria ne viene a conoscenza. Immediata la levata di scudi di Area popolare, contraria ad un’elevazione dei termini di prescrizione per i reati contro la Pa oltre 16 anni e mezzo (anziché i 21 anni e 9 mesi previsti dal testo). Una sollevazione che ha indotto il presidente dei senatori Pd Luigi Zanda a derubricare il tutto a “ipotesi di lavoro” e almeno Cucca ad annunciare l’intenzione di ritirare la propria firma alla proposta. Di certo, la campagna elettorale amministrativa ha ‘ibernato’ un dibattito che, però, è ormai fissato nel calendario dei lavori della seconda commissione.

Il presidente Nico D’Ascola (Ap) aprirà la discussione, mercoledì alle 14, con la comunicazione relativa agli emendamenti improponibili e a quelli inammissibili, per invitare, subito dopo, i componenti all’illustrazione delle proposte. Oltre alle norme sulla prescrizione, il testo di 41 articoli è un complesso di deleghe particolarmente complesse, come la riforma dell’ordinamento penitenziario e la riforme del regime delle intercettazioni. Su quest’ultimo versante, che impatta sul delicato tema della divulgabilità dei contenuti, vengono individuati principi e criteri direttivi entro i quali il governo deve esercitare la delega. Fra tali principi e criteri si stabilisce che la normativa dovrà prevedere disposizioni che “garantiscano la riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni telefoniche e telematiche oggetto di intercettazione”; prevedere che “costituisca delitto punibile con la reclusione non superiore a quattro anni la diffusione al solo fine di recare danno alla reputazione o all’immagine altrui, di riprese audiovisive o registrazioni di conversazioni, anche telefoniche, svolte in sua presenza ed effettuate fraudolentemente”. La punibilità, tuttavia, “è esclusa quando tale materiale viene utilizzato nell’ambito di un procedimento amministrativo o giudiziario o per l’esercizio del diritto di cronaca”.

Il testo del ddl, in realtà, si presenta complesso in quanto tocca, oltre a intercettazioni e prescrizione, diverse altri aspetti del codice penale e del codice di procedura penale, e presenta una delega per la riforma della procedibilità per alcuni reati (violenza privata, minacce), dell’ordinamento penitenziario, del casellario giudiziale, del processo penale. L’articolo 17, a proposito del procedimento di archiviazione, dispone che il pm “è tenuto a esercitare l’azione penale o a richiedere l’archiviazione entro il termine di tre mesi dalla scadenza del termine massimo di durata delle indagini o comunque dalla scadenza dei termini” previsto dall’art. 415-bis del codice di procedura penale. La natura e complessità del provvedimento sono tali, comunque, che l’iter dell’approvazione, considerata l’estate incombente e, soprattutto, il dibattito sul referendum sulle riforme, si presenta particolarmente accidentato e pochi scommettono, malgrado l’impegno del presidente D’Ascola a stringere i tempi, sulla possibilità che la commissione riesca a dare il via libera prima della pausa agostana.