Risorge lo spettro del terrorismo in Cecenia, e dopo una notte macchiata di sangue, con 19 morti di cui 10 agenti di polizia, il presidente russo Vlzdimir Putin (foto) è tornato a parlare di Caucaso nell’odierno discorso alla nazione. Lo ha fatto, palesando chiaro supporto al pugno duro usato dal capo locale Ramzan Kadyrov, per sedare la rivolta. Ma anche, prendendo spunto da questo per scagliarsi ancora una volta contro “gli Stati Uniti e i loro alleati”, e alle loro presunte “politiche di contenimento” antirusse: “da decenni, se non secoli, ogni volta che qualcuno pensa che la Russia è diventata troppo forte, indipendente, questi strumenti sono usati immediatamente”. Per poi senza specificare ulteriormente puntare il dito contro “chi e come” negli anni 90 nel Caucaso “supportava realmente e apertamente il separatismo da noi, e anche direttamente il terrore, chiamando quelli che erano assassini e che avevano il sangue sino ai gomiti, semplicemente ribelli”, portando i “terroristi al livello alto dei combattenti per la libertà e la democrazia”.
Le parole di Putin sono, come al solito, un misto di vecchi modi di dire sovietici e rivisitazioni lessicali. E molti sono i nemici elencati. Dal terrore “In questo momento, questi ribelli ancora una volta si sono palesati in Cecenia”, ha detto. “Nonostante la nostra apertura senza precedenti, la volontà di cooperare nelle questioni apparentemente più sensibili, nonostante il fatto che abbiamo considerato – e tutti sappiamo e ricordiamo – i nostri ex avversari come amici e alleati stretti, era palese e assolutamente ovvio il supporto informativo, politico e finanziario per il separatismo “dall’estero” in Russia” ha detto Putin. Putin per dire “dall’estero” ha usato parte della locuzione russa “golos iz za bugra”, ossia “la voce del nemico”. E secondo lui, questo presunto sostegno al terrore “non lasciava dubbi che volesse gettarci in uno scenario iugoslavo di disgregazione e di smembramento, con tutte le tragiche conseguenze per i popoli della Russia”. Ma “non ha funzionato, non lo abbiamo permesso”.