Rohingya, aiutate donne in gravidanza vittime di stupri
Donne in gravidanza a causa degli stupri durante i rastrellamenti dell’esercito che ora rischiano di morire dopo aver dato alla luce i propri bambini che in molti casi vengono abbandonati per la vergogna. È questo il dramma nel dramma dei profughi Rohingya, minoranza birmana di religione musulmana, cacciati dal Paese con un’operazione di “pulizia etnica”. Decine di operatori umanitari di Save the Children lottano contro il tempo nel campo profughi di Cox’s Bazar, in Bangladesh che ospita oltre 100 mila profughi, setacciando casa per casa alla ricerca di donne che nascondono le proprie gravidanze per la vergogna, 9 mesi dopo che, fra agosto e settembre 2017, diversi militari del Myanmar hanno scatenato le loro “frenesie sessuali” con violenze e stupri contro le giovani donne dei circa 700 mila rohingya esiliati in Bangladesh. “Per Save the Children – dice questa operatrice – la preoccupazione maggiore è per i neonati che potrebbero essere abbandonati o che magari potrebbero crescere con uno stigma o un’etichetta di ‘figli non desiderati’ che è l’ultima cosa che vorremmo vedere per questi bambini”. “Penso che quando si parla dei casi di violenze sessuali o di genere che vediamo nelle nostre strutture sanitarie – aggiunge Marcella, project coordinator di Save the Children in Bangladesh – parliamo solo della punta dell’iceberg. In un campo enorme come questo non è facile per le vittime trovare le cure di cui hanno bisogno”. Il timore è che le donne che nascondono le proprie gravidanze, non solo rischiano di mettere a repentaglio la vita dei neonati ma anche la loro, a causa della mancanza di cure idonee. Si stima che almeno 48 mila donne partoriranno nel campo profughi solo nel 2018.