Arresto Marra, da Scarpellini insistenti regalie al dirigente comunale. E l’imprenditore vuole danni dal parlamento
ROMA CAPITALE E’ quanto scrive il giudice Maria Paola Tomaselli nell’ordinanza di custodia
“Le insistenti regalie fatte negli anni 2010 e 2013 dallo Scarpellini in favore del Marra trovano ragionevole spiegazione esclusivamente in una logica corruttiva, stante le funzioni pubbliche svolte all`epoca dal Marra in settori connessi agli interessi imprenditoriali dello Scarpellini”. Così il giudice Maria Paola Tomaselli scrive nell’ordinanza di custodia. Nel provvedimento poi si ricorda che il gruppo di Scarpellini ha da tempo stipulato alcune convenzioni urbanistiche che richiedono l`emanazione di provvedimenti amministrativi da parte sia del Comune di Roma sia della Regione Lazio, realtà nelle quali Marra (foto) ha avuto posizioni dirigenziali negli anni presi in esame dagli inquirenti.
“Tali convenzioni – scrive ancora il giudice – sono ancora attuali ed i relativi procedimenti amministrativi non sono conclusi”. Da Scarpellini inoltre Marra acquistò nel 2009 un appartamento a Roma con uno sconto di mezzo milione di euro: lo paga 700 mila euro anziché un milione e 200 mila. Regali e favori proseguono fino al pagamento nel 2013 di oltre 367 mila euro, da parte di Scarpellini, per un altro appartamento acquistato da Marra in via Dei Prati Fiscali 258, e intestato a sua moglie. Nel giugno scorso Marra chiama Scarpellini (foto home)per chieder un suo intervento. Il quotidiano ‘Il Messaggero’ critica la sua nomina nell’amministrazione guidata da Virginia Raggi e Marra chiede che si interceda in suo favore affinché i toni cambino. Nel farlo Marra si dice a totale a disposizione di Scarpellini. “Dal che ne discende che la ripetuta offerta di disponibilità dal medesimo operata nel corso della citata conversazione telefonica – scrive il gip – appare chiaramente collegata al mercimonio della funzione”.
SCARPELLINI VUOLE DANNI DAL PARLAMENTO E’ tuttora pendente davanti al tribunale di Roma il contenzioso promosso lo scorso anno dall’imprenditore romano Sergio Scarpellini, arrestato oggi per corruzione, e la Camera dei Deputati a seguito della rescissione da parte di Montecitorio degli “affitti d’oro” dei tre palazzi Marini (il quarto era stato abbandonato al termine della scorsa legislatura) che complessivamente costavano alla Camera 27 milioni l’anno. Nel luglio 2014, infatti, l’ufficio di presidenza della Camera decise di rescindere a far data dal gennaio 2015 il contratto della durata di 18 anni che legava Montecitorio alla “Milano 90 srl” di Scarpellini per l’affitto dei palazzi che ospitavano uffici di parlamentari e una mensa. A fronte delle vie giudiziarie subito intraprese da Scarpellini contro la rescissione del contratto d’oro e dei licenziamenti da lui preannunciati per circa 200 dipendenti che assicuravano i servizi di pulizia, manutenzione e mensa per gli uffici parlamentari dei palazzi Marini, la presidenza della Camera allora ai Questori della Camera il mandato di tentare una mediazione transattiva, purchè nel rispetto del valore di mercato degli affitti fatto certificare dall’Agenzia del demanio, pari a circa 11 milioni. Ovvero, poco più della metà – per la precisione il 57%- del valore fissato nel contratto di affitto d’oro rescisso e ancora rivendicato giudizialmente da Scarpellini. Tale offerta della Camera, però, fu rifiutata lo scorso anno dall’immobiliarista. E così, a tutt’oggi, l’azione giudiziaria risarcitoria dell’imprenditore arrestato contro il Parlamento pr il taglio dei 27 milioni annui è tuttora in attesa di giudizio.