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A Roma e Milano pre-congresso Pd, in attesa del referendum

di Alessandro Di Matteo

Come ha detto una decina di giorni fa Gianni Cuperlo, il congresso Pd, di fatto, si farà al referendum di ottobre ed è per questo che le amministrative di giugno diventano inevitabilmente il pre-partita della sfida tra minoranza e Matteo Renzi. Non si sceglieranno solo i sindaci delle città, come continua a ripetere il premier e segretario del Pd, il risultato del voto del 5 e del 19 giugno finirà inevitabilmente per condizionare anche il clima in vista del referendum e non a caso la minoranza Pd non ha ancora ufficializzato la posizione che intende tenere al voto di ottobre. Come sempre, ciascuno proverà a leggere il risultato dalla propria angolazione, ma alla fine saranno le due principali città italiane a dire chi ha vinto e chi ha perso. Il voto a Roma e Milano, ammettono sia nella minoranza che tra i renziani, sarà cruciale per fissare lo stato dei rapporti di forza. Cuperlo, in realtà, aveva poi precisato la sua frase, spiegando che è Matteo Renzi che vuole trasformare il referendum costituzionale nel congresso del partito, ma a microfoni spenti anche esponenti bersaniani descrivono così la situazione: “Renzi sposta l’attenzione sul referendum perchè sa che le comunali possono andare male. E se stravince il referendum, poi, non farà prigionieri…”.

Alle amministrative, in effetti, le cose sono più complicate: Napoli è data per persa da tutti, nel Pd, mentre la vittoria a Bologna e Torino non sembra in discussione. Sono Milano e Roma, allora, le città che daranno il segno: “Se vinciamo a Milano – dice un renziano – il pareggio lo abbiamo portato a casa. Se poi Giachetti arriva almeno al ballottaggio, sarà difficile rimproverarci qualcosa su Roma, considerando dove eravamo solo qualche mese fa dopo ‘mafia capitale'”. Una vittoria del candidato Pd, poi, taglierebbe definitivamente le unghie alla minoranza. “Può succedere di tutto”, dice un bersaniano. “Noi, chiaramente, faremo la conta delle città che governavamo prima e di quelle che governeremo dopo queste elezioni. Ma è chiaro che Renzi canterà vittoria se vince Milano e arriva almeno al ballottaggio a Roma…”. In quel caso, gli spazi per la minoranza si ridurrebbero parecchio. In particolare, diventerebbe molto più complicata la vera partita, ovvero il referendum di ottobre sul quale Renzi ha puntato tutta la posta dicendo “se perdo me ne vado”.

Spiega ancora il parlamentare vicino a Bersani: “Decideremo dopo le amministrative come comportarci al referendum, perché se le elezioni vanno male significherebbe che il fronte che si oppone a Renzi ha qualche chance di ottenere un risultato ad ottobre”. Bersani, ai suoi, ripete da tempo che “Renzi non si batte dentro al Pd”, per l’ex segretario il premier può essere sconfitto solo se cambia qualcosa nel Paese. Un passo falso alle amministrative, allora, sarebbe il segnale che si può provare ad arginare il premier proprio su quella che lui ha scelto come ‘madre di tutte le battaglie’. Anche per questo, tutta la sinistra Pd ha voluto ostentare il proprio impegno durante la campagna elettorale per le amministrative: l’eventuale risultato negativo, è il ragionamento, deve essere imputato a Renzi che pensava solo al referendum e al partito della Nazione. Per il premier, ovviamente, vale il ragionamento opposto: Renzi è convinto che la minoranza gli remi contro anche alle comunali proprio per indebolirlo al referendum. Di sicuro, inizia un lungo braccio di ferro nel Pd.

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