Politica

Roma, sfida a quattro per Campidoglio. Incognita astensionismo

Piazze che faticano a riempirsi, contingentamenti e misure anti-Covid che non aiutano volantinaggio e comizi. Romani allo stremo che, oltre alla pandemia, sono alle prese con rincari e disservizi quotidiani sui rifiuti, i mezzi pubblici, i cinghiali, i picchi di traffico dovuti ai cantieri e alla riapertura in presenza di scuole e uffici, e che sembrano tentati dall’astensionismo con quote potenziali tra il 20 e il 40% dei votanti, e stime analoghe per gli incerti. Roma approda al silenzio elettorale per la corsa al Campidoglio dopo una campagna partita a rilento, con 22 candidati sindaco, sostenuti da 39 liste e oltre 1.800 candidati per soli 48 seggi disponibili in Aula Giulio Cesare. Una rappresentazione plastica della difficoltà di aggregazione della comunità politica romana, che tenta di recuperare consensi moltiplicando la raccolta di preferenze con candidature ‘a strascico’.

Nella maxi-scheda dalle dimensioni che sfiorano il metro, la maggioranza dei romani che si recheranno alle urne domani dalle 7 alle 23 e lunedì dalle 7 alle 15, barrerà un nome tra i 4 più papabili: la sindaca M5S uscente della Capitale Virginia Raggi, il candidato del centrosinistra e ex ministro Pd dell’economia Roberto Gualtieri, il candidato del centrodestra e consulente amministrativo Enrico Michetti e il leader di Azione e ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. La conferma della candidatura di Gualtieri per il centrosinistra capitolino è arrivata a maggio scorso, dopo una serie di dinieghi di big dem tra cui Letta e Zingaretti, un mese dopo quella di Michetti, anch’essa giunta al termine di un braccio di ferro estenuante tra Salvini e Meloni su chi dovesse determinare il totonomi. Le macchine elettorali di centrodestra e centrosinistra hanno faticato a ingranare a causa della pausa estiva, avvantaggiando Raggi che aveva annunciato la ricandidatura ad agosto 2020 in pieno rimpasto M5S, seguita nell’ottobre successivo da Calenda che ha dapprima offerto la sua figura per un’alleanza ampia, e ha proseguito in solitaria dopo il diniego dei segretari Pd Nicola Zingaretti e Enrico Letta.

Raggi chiede la conferma dell’incarico presentandosi come fattore determinante nella ripresa della città, ingiustamente tartassata da media e detrattori: ‘sono donna, sono giovane, sono dei 5 stelle e quindi da massacrare. Nonostante tutto siamo riusciti a dimostrare di cosa siamo capaci’, ha sostenuto. Tuttavia in testa alle preferenze dei romani, soprattutto fuori dalla Ztl, ci sarebbe Michetti seguito da Gualtieri, con Raggi e Calenda a inseguire. L’esito della consultazione romana è centrale per la risoluzione di molte partite nazionali. Raggi, innanzitutto, ha imposto con il ‘mandato zero’ la sua ricandidatura al M5S nazionale che voleva sacrificarla per un accordo con il Pd, analogo a quelli nel Governo Conte e in Regione Lazio. Il fondatore del Movimento Beppe Grillo, nella chiusura della sua campagna elettorale, ha ribadito alla sindaca uscente la sua fedeltà e il fatto che non sparirà in caso di sconfitta, essendo una dei garanti del nuovo corso del M5S. Lo schieramento ingente di parlamentari romani e ministri M5S nelle più recenti iniziative elettorali di Raggi, sembra sinceramente mirato a smuovere gli indecisi per spingerla nella rimonta e farle superare il ballottaggio, celebrandone la lotta per la legalità con lo spauracchio del ritorno ‘di quelli di prima’, di ‘quelli di Roma ladrona’.

Voci accreditate anche dall’ex ‘mister preferenze’ M5S e presidente uscente dell’Assemblea Capitolina Marcello De Vito, che si ricandida con Forza Italia, suggeriscono tuttavia che se Gualtieri fosse eletto sindaco, lascerebbe libero il seggio che permetterebbe a Giuseppe Conte di rientrare in Parlamento se il Pd, ancora molto forte dentro la ztl romana, non si mettesse di traverso. Si insinua anche che il non aver presentato un candidato pentastellato nelle suppletive per la Camera, che si celebreranno nel collegio di Primavalle insieme alle amministrative, sarebbe una mossa del leader M5S per cementare l’alleanza con il Pd, facilitando l’elezione del segretario romano dem Andrea Casu. D’altronde Conte ha spiegato anche che ‘Gualtieri è stato mio ministro, ha fatto bene. Non mi sono offeso che il Pd non ha appoggiato la Raggi. Ha tutte le carte in regola per presentarsi a Roma’. Se Raggi ostenta sicurezza, e si dice certa di essere in rimonta e addirittura di poter vincere, l’ex ministro dell’Economia del Governo Conte è sempre più netto nel definire la Giunta uscente ‘incapace’, ‘inadeguata’ e nel chiudere tutte le porte a eventuali apparentamenti per il ballottaggio, anche se il vicesindaco pentastellato e pasdaran di Raggi Pietro Calabrese ha aperto a una possibile convergenza al ballottaggio ‘nell’interesse esclusivo della città, non per le poltrone’.

Se Gualtieri, però, riuscisse a raggiungere il ballottaggio e prevalere su Michetti con una coalizione di centrosinistra così ampia da tagliare fuori solo Calenda, i partiti comunisti e Potere al Popolo, potrebbe raggiungere, a sinistra, l’obiettivo indicatogli dal segretario Enrico Letta in uno degli ultimi comizi insieme: ‘dimostrare che è attorno al Pd che si costruisce la coalizione che vince’. Anche il candidato del centrodestra, lanciato nella competizione elettorale con l’autoironico ma ?realistico slogan ‘Michetti chi’, ha rivendicato di aver ‘unito la coalizione’ nel suo nome ‘che non era così sconosciuto come volevano far credere’. Dopo l’abbraccio Salvini-Meloni a margine della chiusura della sua campagna elettorale, si è spinto a auspicare di poter vincere al primo turno: ‘C`è un`aria buona, non è escluso nulla. Se si andrà verso il voto utile, per una coalizione forte, ci potrebbero essere delle sorprese’.

La sorpresa, però, potrebbe farla Carlo Calenda a tutti i contendenti: dato in crescita costante, l’unico a chiudere in una piazza grande come piazza del Popolo e piena per oltre metà, ipotizza di poter arrivare al ballottaggio con Gualtieri perché Roma ‘è più seria di Michetti’. Calenda gioca fino all’ultimo minuto a tutto campo: vanta ripetuti colloqui con l’ex sindaco Ignazio Marino ‘ma anche con l’ex commissario Tronca’, e si propone come opzione ‘seria e credibile’ anche per il centrodestra, cui propone di farla finita con ‘i bulli di cartapesta’, anteponendosi a Salvini. Con tre grandi occasioni da gestire – i fondi del Pnrr, il Giubileo del 2025 e la candidatura a Expo 2030 – la scelta di affidare la guida di palazzo Senatorio a un ex ministro dello Sviluppo economico con un curriculum da manager è per molti, a destra e a sinistra, una vera tentazione. Un’opzione da praticare con discrezione, nella comodità del voto disgiunto. Askanews

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