Queste dimensioni contrastano molto con quelle rilevate grazie a una precedente osservazione di VIRTIS che si era concentrato sulla regione di Hapi sulla parte attiva di 67P. Lì i cristalli misuravano solo pochi micrometri di diametro. “Le due diverse popolazioni di grani di ghiaccio d`acqua implicano un diverso processo di formazione”, spiega Gianrico Filacchionedell`Inaf-Iaps e autore principale dello studio pubblicato sulla rivista Nature. Su Hapi, i grani molto piccoli sono associati a un sottile strato di ghiaccio che si forma a seguito della rapida condensazione del vapor d`acqua durante le ore notturne. “I grani su Imhotep invece – continua Filacchione – hanno subìto un`evoluzione più complessa: probabilmente si sono formati più lentamente e sono occasionalmente esposti a seguito dell`erosione degli strati esterni”. “Se dunque gli strati di ghiaccio sottile rivelati sulla superficie della cometa sono il risultato dell`attività, essi non necessariamente si sono creati al tempo di formazione nucleo” aggiunge Fabrizio Capaccioni, Principal Investigator di Virtis.
Se assumiamo come dimensione tipica dei granelli quella che misura qualche decina di micron possiamo desumere che i grani di dimensioni maggiori si siano formati dall`accrescimento dei cristalli di ghiaccio secondari. Un`ipotesi plausibile è che i cristalli vengano accorpati attraverso il processo di sinterizzazione. Un`altra, supportata anche da esperimenti di laboratorio, vede implicata la sublimazione del ghiaccio sepolto: mentre parte del vapore acqueo sprigionato fuoriesce dal nucleo, una porzione significativa si ricondensa fino a formare vari strati. L`energia supplementare richiesta per il processo di sublimazione potrebbe essere poi fornita da una trasformazione molecolare della struttura microscopica del ghiaccio, dallo stato amorfo a quello cristallino, dovuta alle basse temperature riscontrate sulle comete. “È straordinario vedere come la missione Rosettacontinui a fornirci dati sempre più interessanti sugli elementi dei corpi celesti – commenta il presidente dell`Agenzia Spaziale Italiana, Roberto Battiston -. “Le comete sono tra gli oggetti più antichi del nostro Sistema Solare, veri e propri messaggeri di materia primordiale, la cui decodificazione, grazie alla tecnologia e alla scienza italiana, è fondamentale per capire molti segreti sulla sua nascita”. “Grande soddisfazione per L’Inaf – dice Nicolò D’Amico, presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica – che ha investito notevoli risorse e intellettualità su questo ambizioso progetto internazionale”.