Ruby Bis, pene ridotte per Fede e Minetti nell’appello bis

Ruby Bis, pene ridotte per Fede e Minetti nell’appello bis
Nicole Minetti
7 maggio 2018

Pene ridotte per Emilio Fede e Nicole Minetti nel secondo processo d’appello sul cosiddetto Ruby bis. I giudici della IV Corte d’appello di Milano hanno condannato l’ex direttore del Tg4 a 4 anni e 7 mesi di carcere (con uno sconto di 3 mesi rispetto al primo processo d’appello che si era chiuso con una pena di 4 anni e 10 mesi) e l’ex consigliera lombarda del Pdl a 2 anni e 10 mesi (contro i 3 anni del primo processo di secondo grado). Il sostituto procuratore generale di Milano, Daniela Meliota, aveva chiesto la conferma delle condanne disposte nel primo processo d’appello la cui sentenza è stata poi annullata con rinvio dalla Cassazione per un “vuoto” nelle motivazioni. Le difese avevano invece chiesto l’assoluzione dei due imputati sollecitando – in subordine – l’invio degli atti processuali alla Consulta dove sollevare un eccezione di legittimità costituzionale sui reati di favoreggiamento e induzione alla prostituzione, così come già deciso dai giudici del Tribunale di Bari nel processo contro Giampaolo Tarantini. L’istanza delle difese non è stata tuttavia accolta dai giudici.

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Il collegio presieduto dal giudice Marina Caroselli ha tuttavia riqualificato alcuni episodi contestati nel capo di imputazione, assolvendo i due imputati da alcune condotte. Fede, ad esempio, è stato assolto “per non aver commesso il fatto” dal reato di favoreggiamento della prostituzione nei confronti dell’allora minorenne Ruby, tranne che per l’episodio del 14 febbraio 2010, giorno in cui la giovane marocchina varcò per la prima volta i cancelli di Villa San Martino accompagnata, appunto, dall’allora direttore del Tg4. Resta invece in piedi l’accusa di induzione alla prostituzione di tre ragazze (Imane Fadil, Ambra Battilana e Chiara Danese) portate ad Arcore. Anche Nicole Minetti ha incassato l’assoluzione per alcuni episodi di favoreggiamento della prostituzione di alcune “olgettine” ospitate a Villa San Martino per le serate del “bunga bunga”. Da qui lo “sconto” di pena operato dai giudici a favore dei due imputati rispetto al primo processo d’appello. Ma l’impianto accusatorio ha complessivamente retto al giudizio della Corte d’Appello di Milano.

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