Un tribunale russo ha dichiarato il reporter statunitense Evan Gershkovich colpevole di spionaggio e lo ha condannato a 16 anni di reclusione. Una vicenda che il quotidiano per cui lavora, il Wall Street Journal, ha definito una farsa. Gershkovich, ebreo americano di 32 anni che ha negato qualunque illecito e ha bollato come false le accuse a suo carico, è stato processato il mese scorso nella città di Ekaterinburg.
I pubblici ministeri sostenevano che Gershkovich avesse raccolto informazioni segrete su ordine della Central Intelligence Agency statunitense (Cia) su un’azienda che produce carri armati per la guerra della Russia in Ucraina. È il primo giornalista statunitense arrestato con l’accusa di spionaggio in Russia dai tempi della Guerra Fredda.
I casi di spionaggio spesso richiedono mesi per essere affrontati e l’insolita rapidità con cui il suo processo si è svolto a porte chiuse – l’udienza di oggi è stata solo la terza del processo – ha alimentato la speculazione che un accordo di scambio di prigionieri tra Stati Uniti e Russia, da tempo discusso, che coinvolga lui e altri americani detenuti in Russia, potrebbe essere in corso. Il Cremlino, interpellato dall’agenzia di stampa Reuters, si è rifiutato di commentare la possibilità di tale scambio.