Politica

Russiagate, Savoini dettava agenda di Salvini su whatsapp

Si chiama “Salvini in Russia”, la chat che sarebbe stata creata l’8 dicembre 2014 in una delle prime trasferte moscovite del segretario dell’allora Lega Nord. L’unico amministratore del gruppo, secondo una ricostruzione del quotidiano La Repubblica, sarebbe Gianluca Savoini, che avrebbe utilizzato whatsapp per informare su spostamenti e conferenze stampa di Salvini durante i viaggi in Russia del 2014 e del 2018. Per il quotidiano, si tratta di un altro tassello del “Russiagate” che smentirebbe la linea sostenuta da giorni dal vicepremier e ministro degli Interni, il quale più volte incalzato sulla questione ha sempre risposto che “Savoini non è stato invitato dal Ministero dell’Interno” agli incontri con le delegazioni russe.

È il 17 ottobre, per esempio, quando Matteo Salvini torna a Mosca per partecipare all’assemblea di Confindustria Russia, proprio alla vigilia della presunta trattativa al Metropol. “Non ci sarà nessun altro incontro” precisa in quell’occasione Savoini in chat, “si riparte dopo il meeting”. E a chi gli chiede se il ministro ripartirà in giornata Savoini spiega che “il vicepremier ha un’agenda fittissima”. Dodici ore dopo, il mattino successivo, Salvini ricompare con una foto su Twitter all’aeroporto di Mosca. Sulla vicenda Russiagate interviene anche il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, sottolineando: “Non daremo tregua a Salvini, finché lui o Conte non verranno in aula a riferire nella sede propria la loro versione”. “La procura e non la politica – prosegue Zingaretti – dovrà accertare la verità sulla tangente da 65 milioni alla Lega trattata da uno stretto collaboratore del ministro degli Interni. Il quale però, in maniera goffa, ha preso le distanze da questo signore quasi non lo conoscesse, smentito da centinaia di foto ed eventi”.

Intanto, almeno per il momento, i magistrati milanesi che indagano sui presunti fondi russi alla Lega non hanno necessità di ascoltare il segretario del Carroccio, Matteo Salvini. Lo ha assicurato il procuratore di Milano, Francesco Greco, che a domanda specifica ha risposto: “Assolutamente no”. Il magistrato ha, inoltre, tenuto a sottolineare che le indagini sul presunto accordo petrolifero con la promessa di un finanziamento da 65 milioni di euro a favore della Lega saranno “lunghe, laboriose, complesse e internazionali”.

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