Sala la tensione in Iraq, almeno 100 morti dopo 5 giorni di proteste

I manifestanti, soprattutto giovani, hanno insistito sul fatto che il loro movimento non e’ collegato a nessun partito

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Gli iracheni che protestano contro la corruzione diffusa e contro la disoccupazione a livelli altissimi ora chiedono le dimissioni del Governo, appoggiati anche da Moqtada Sadr, l’influente chierico sciita che ha la maggioranza in Parlamento. E intanto le proteste continuano, per il quinto giorno consecutivo, con un pesante bilancio di vittime (quasi cento in totale) e oltre 4 mila feriti. Convocate su Internet, le manifestazioni chiedono migliori servizi pubblici, come l’acqua e l’elettricita’, piu’ opportunita’ di lavoro e la fine della corruzione. Oggi Internet resta inaccessibile cosi’ come i prodotti alimentari che hanno visto i prezzi piu’ che raddoppiati dalla settimana scorsa.

Venerdi’ sera, Moqtada Sadr si e’ unito alle proteste e ha ufficialmente chiesto le dimissioni del premier, Adel Abdel Mahdi, accusato di non essere riuscito ad attuare – in un anno di operato – le riforme di cui il Paese sente impellente necessita’. L’ex leader della milizia sciita, diventato politico nazionalista molto influente e rispettato, ha chieste nuove elezioni supervisionate dall’Onu. Il suo blocco e’ il piu’ grande in Parlamento e il suo intervento pone le basi per una possibile resa dei conti con il presidente del Parlamento, Mohammad al-Halbusi, che si era fatto avanti per capitalizzare politicamente il malcontento popolare, impegnandosi a “togliersi la giacca ed essere il primo tra i manifestanti”, se non vedesse il governo migliorare le condizioni di vita.

Il movimento di Sadr ha il potere e l’organizzazione per portare un gran numero di sostenitori in piazza, ma a rischio di alienare molti di coloro che sono scesi in strada nei giorni scorsi per esprimere il loro rifiuto di tutte le fazioni politiche in Iraq. I manifestanti, soprattutto giovani, hanno insistito sul fatto che il loro movimento non e’ collegato a nessun partito o istituzione religiosa e hanno deriso le recenti aperture di politici. “Questi uomini non ci rappresentano. Non vogliamo piu’ partiti. Non vogliamo che nessuno parli in nostro nome”, hanno affermato in tanti. Il presidente del Parlamento ha tentato – senza riuscirci – di convocare una sessione urgente per discutere la creazione di posti di lavoro e progetti di assistenza sociale, dopo che anche lui ha teso la mano ai manifestanti. “La vostre voce viene ascoltata”, aveva rassicurato.