Politica

Salvini di nuovo “numero due” a destra. E il Nord avverte su Autonomia

La carriera da leader del centrodestra è durata poco: dal maggio 2019, con il risultato storico del 34% alle Europee, all’agosto successivo con lo schianto del Papeete. Da lì per Matteo Salvini e la “sua” Lega è stata una discesa continua: le accuse di legami con la Russia e con Putin, la mancata spallata delle Regionali, il sostegno al governo Draghi e la rielezione di Mattarella che hanno regalato praterie a Giorgia Meloni, i dissidi con gli altri big del partito, la mancata federazione con Forza Italia per provare a tenere botta. Tanto che alle elezioni politiche il segretario leghista ci arriva di nuovo con il ruolo di “numero due” del centrodestra, forse doppiato – secondo gli ultimi sondaggi disponibili – da Fratelli d’Italia. E allora le ultime settimane di campagna elettorale sono servite a Salvini da un lato per provare a risollevare i consensi e continuare a coltivare la prospettiva di una premiership (“Sarebbe un onore”, ha ripetuto più volte), dall’altro per iniziare a preparare il terreno per un ruolo “corsaro” nell’eventuale governo di centrodestra. I temi sono diventati più identitari e divisivi dello stesso schieramento di centrodestra: per provare a drenare consensi marcando le differenze con gli alleati, e per dettare l’agenda delle rivendicazioni future.

Lo scostamento di bilancio per arginare il caro bollette, su cui Salvini è andato allo scontro con Draghi e alla polemica con Meloni; la pace fiscale; i decreti sicurezza, al posto del blocco navale proposto da FdI; e ovviamente l’Autonomia. Tutti provvedimenti che per il segretario della Lega dovrebbero costituire l’ordine del giorno del primo Consiglio dei Ministri di un eventuale governo di centrodestra, nonostante i dubbi e le cautele degli alleati, Meloni in testa. Ma le elezioni rischiano di aprire anche un fronte interno per Salvini. Il 17,4% raggiunto alle Politiche del 2018 appare ormai lontano, il Carroccio potrebbe scalare dietro FdI, Pd e M5s, con l’incubo di un sorpasso anche da parte del terzo polo di Calenda e Renzi e del risultato a una cifra. Non solo, la preoccupazione riguarda anche il rischio che Fratelli d’Italia superi la Lega nelle regioni del Nord: darebbe ulteriori argomenti a chi non ha mai condiviso la svolta “nazionale” del partito.

Una dinamica già in atto da tempo, e che ha visto a Pontida alzarsi il livello, con Massimiliano Fedriga a ricordare gli impegni col territorio e Luca Zaia ad avvertire: sull’Autonomia può cadere un governo. Messaggio agli alleati, ma anche allo stesso Salvini, che ha subito fatto sua la sfida provando ad accreditarsi come colui che in ogni caso può garantire l’ok di Roma alla riforma: “Se ci sarà l’Autonomia, dovremo ringraziare il nostro segretario”, ha chiarito immediatamente il fedelissimo Molinari, dal palco di Pontida. Che tutto questo possa bastare a Salvini per mantenere la leadership della Lega, anche in presenza di un risultato molto negativo, si vedrà. E in ogni caso la Lega pre-Salvini sopra il 10% ci era andata solo una volta. Inoltre il Carroccio non ha mai vissuto un avvicendamento “traumatico” del segretario: Umberto Bossi fu invitato a lasciare dopo anni di malattia, e la battaglia fu diretta contro quello che veniva chiamato il “cerchio magico” dei fedelissimi; e lo stesso Salvini fu “cooptato” quando Maroni lasciò la segreteria preferendo la presidenza della Regione Lombardia. Insomma, non un partito contendibile nel senso classico, con congressi che hanno sempre avuto l’esito previsto e scontato. Ma dal Nord il messaggio è stato lanciato, con l’enorme bandiera del Veneto che Zaia ha fatto srotolare dal palco che Salvini ha voluto dedicare all’Italia e non più alla Padania. askanews

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