Salvini contro i giudici di Catania: “Non sono mica Riina”. Come si difenderà

Salvini contro i giudici di Catania: “Non sono mica Riina”. Come si difenderà
Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini
21 dicembre 2019

È riportato in cinquantanove pagine, l’atto di accusa dei giudici di Catania, pronti a processare il leader della Lega, Matteo Salvini, per l’oramai arcinoto caso della ‘nave Gregoretti’. Pagine spulciate dallo stesso ex ministro nel corso di un suo viaggio in Val d’Aosta e che l’hanno fatto esplodere appena arrivato nella città di Aosta per una manifestazione elettorale: “Si rassegni quel giudice, o mi arresta o vado avanti a fare quello che ho fatto finora, non mi mettono paura”, raccogliendo un crescendo di applausi, direttamente proporzionale alla sua rabbia. Altro che ruspa, uno tsunami pronto ad attivarsi “quando andrò in tribunale, e sarà una grande festa della libertà”, assicura il capo del Carroccio. E riesplode: “Viviamo un momento surreale, arresti in Valle d’Aosta, in Calabria, in Piemonte, ma c’è qualcuno che vuole arrestare anche a Milano, non per corruzione, ‘ndrangheta, stupro, ma per sequestro di persona, perché ho bloccato per 4 giorni lo sbarco di 131 immigrati”. In estrema sintesi, è questo il reato che avrebbe commesso l’ex titolare del Viminale secondo i giudici etnei e per il quale è già iniziato nella Giunta per le immunità parlamentari del Senato, l’esame della richiesta di autorizzazione a procedere avanzata dal Tribunale dei ministri di Catania proprio nei confronti di Salvini. E l’aria che vada a processo, il capo del Carroccio, sembra respirarla tutta, rischiando una pena massima di quindici anni.

“Ditemi voi, più che per il reato di stupro, di spaccio o di rapina. Vi rendete conto della follia?”, sbotta dalle valli valdostane. E, puntando il dito sui giudici etnei, rompe gli argini: “Poi a Catania… A Catania… A Catania, terra ahimè dove il cancro della mafia è ancora troppo presente. Ma andate a inseguire i mafiosi piuttosto che rompere le palle a uno che ha fatto il suo lavoro!”. Un fiume in piena. Forse mai come ora, Salvini, vuole arrivare in un’aula di Tribunale. E sembra avere già pronta la sua strategia difensiva, una sorta di asso nella manica, lasciano intendere fonti leghiste. Si tratta di numerosi contatti anche tra ministero dell’Interno, Palazzo Chigi, ministero degli Affari Esteri e organismi comunitari. Le stesse fonti spiegano che a proposito della redistribuzione degli immigrati, era stata contattata anche la Cei. Non a caso, proseguono, il ministro della Giustizia Bonafede dichiarava il 30 luglio (nel corso della trasmissione ‘In Onda’ su La7) che “c’è un dialogo tra i ministeri delle Infrastrutture, dell’Interno e della Difesa e la posizione del governo è sempre la stessa: vengono salvaguardati i diritti, le persone che dovevamo scendere sono scese, sono monitorate le condizioni di salute, ma del problema immigrazione deve farsi carico tutta l’Europa”.

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Bonafede, così concludeva: “Ringrazio il presidente Conte che continua a porre la questione nelle cancellerie d’Europa”. Tutto contenuto in una documentazione ‘top secret’ conservata da Salvini e che è attualmente al vaglio dei legali dell’ex ministro dell’Interno. Ovviamente, anche dalle Alpi valdostane, non mancano gli attacchi ai suoi due preferiti bersagli politici. “Mi fanno pena Conte e Di Maio, che svendono la propria dignità nel nome di un processo a Salvini che salva solo la loro poltrona – puntella l’ex ministro -. Ma gli italiani daranno il loro giudizio in cabina elettorale e questi cambiano mestiere e, al massimo, prendono il reddito di cittadinanza”. E chiude con l’affondo al Guardasigilli: “È urgente e irrinunciabile una riforma della Giustizia ma non una riforma alla Bonafede che prevede processi a vita”, definendola “una barbarie, una schifezza”. Ma dai 5 stelle, nessuna clemenza. Anzi lo stesso ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, sentenzia: “Di Maio ha già detto che ci sono presupposti per dare parere favorevole al processo”.

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