Salvini punta tutto su No, dopo referendum congresso leghista e un “partito nazionale”

FUTURO CENTRODESTRA Non vi sono segnali che qualcuno possa minare dall’interno, con una candidatura avversa, la corsa del leader verso riconferma

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“Il 18 dicembre faremo il congresso federale”. E’ quanto ha annunciato Matteo Salvini ai parlamentari della Lega Nord, riuniti nei giorni scorsi in via Bellerio a Milano. Ma malgrado le rassicurazioni fatte ai dirigenti del suo partito, il segretario leghista non avrebbe ancora deciso quando celebrare il congresso da cui si attende una rielezione (il suo mandato scade il 16 dicembre). Tutto dipende dal referendum costituzionale – viene spiegato – e dallo scenario politico che l’esito della consultazione determinera’. In caso di vittoria del ‘no’ – temono i critici – la leadership di Salvini ne uscirebbe rinvigorita e l’europarlamentare milanese potrebbe “forzare la mano” e portare avanti il suo progetto di trasformare la Lega in un “partito nazionale”. Cambiando, per esempio, lo statuto e cancellando il famoso articolo 1 in cui si professa “l’indipendenza della Padania” come “finalita’” prioritaria del Movimento. Un’ipotesi, quest’ultima, vista come fumo negli occhi da parte della base al Nord e da una fronda consistente di dirigenti ed esponenti ‘padani’ (in testa il fondatore Umberto Bossi, ma non solo).

In questo momento non vi sono segnali che qualcuno possa minare dall’interno, con una candidatura avversa, la corsa di Salvini verso la riconferma al timone del Carroccio (sarebbe esclusa una eventuale candidatura del ‘vecchio leone’ Bossi, dopo l’esperienza catastrofica delle primarie nel 2013). Ma si fanno sentire i crescenti malumori sul profilo “troppo nazionale” impresso da Salvini e sulla deludente esperienza della forza politica (‘Noi con Salvini’) schierata al Sud nelle elezioni scorse. In particolare, diversi parlamentari e dirigenti, esclusi quelli di stretta ortodossia ‘salviniana’, hanno fatto sapere al segretario che sono pronti a non rinnovargli la fiducia nel caso in cui modifichi lo statuto o la natura ‘nordista’ del Movimento. O pronti alla scissione con una parte di elettorato che loro stimano al 6% (contro il 14% della Lega di Salvini, stando ai sondaggi di cui dispongono). E l’avvertimento deve essere stato preso seriamente dal leader leghista, che non puo’ avere il controllo su tutti gli oltre 500 delegati al congresso (tra parlamentari, consiglieri regionali e sindaci dei capoluoghi di provincia, piu’ coloro che sono stati eletti nei congressi regionali nei mesi scorsi).

In caso di una vittoria del SI’ al referendum – si ragiona – invece, il congresso potrebbe slittare a primavera nell’ipotesi di elezioni anticipate.  Dipende tutto dagli elettori e da quello che fara’ Renzi, si spiega, e una decisione dovra’ essere presa nei pochi giorni tra il 4 e il 16 dicembre. Il nodo e’ l’incompatibilita’ che molti nel Movimento vedono tra la figura di leader nazionale del centro-destra cui Salvini non fa mistero di ambire e la poltrona di segretario di un partito tradizionalmente ‘nordista’ (che comunque Salvini non e’ disposto a mollare). Tra le soluzioni che qualcuno avrebbe prospettato vi sarebbe quella di nominare un vice facenti funzioni da segretario a capo della Lega, in modo tale che l’aspirante sfidante di Matteo Renzi abbia le ‘mani libere’ per portare avanti la sua partita. Ma ancora non sono chiari i progetti di Salvini e probabilmente non lo saranno prima del referendum. Dal congresso, infine, e’ attesa anche l’elezione del nuovo consiglio federale, il massimo organo esecutivo del Movimento, scaduto a fine giugno (finora Salvini ha ‘governato’ con quello eletto nell’era di Roberto Maroni).