In Italia la digitalizzazione in Sanità è in ritardo pur essendo, secondo esperti e addetti ai lavori, un importante strumento per contrastare la corruzione. Solo il 6% degli italiani prenota, ad esempio, visite online, contro un terzo di finlandesi e danesi, e il 27% degli spagnoli. E solo il 31% dei medici utilizza le reti digitali per lo scambio dei dati sui pazienti con altri operatori sanitari, mentre in Danimarca si arriva al 92%, in Spagna al 64%, nel Regno Unito al 53%. Sono i dati elaborati dai partner del progetto ‘Curiamo la corruzione’, che promuove una maggiore trasparenza nella sanità attraverso attività di ricerca, iniziative di formazione e comunicazione sul territorio, sensibilizzazione dei decisori pubblici e privati, sperimentazione di misure anticorruzione nelle strutture sanitarie pilota di Bari, Melegnano, Siracusa e Trento. Le regioni più virtuose sono il Veneto, il Lazio e il Trentino Alto Adige, mentre la regione rimasta più indietro è la Puglia, dove meno dell’1% dei cittadini ha prenotato visite online. Eppure, il 18,8% degli italiani è convinto che un utilizzo più intenso di internet nella pubblica amministrazione renderebbe le procedure più trasparenti, dando più forza ai cittadini. Oltre a far risparmiare tempo e denaro. Questa opinione è condivisa anche dal 71% dei dirigenti delle strutture sanitarie, certi che la normativa che obbliga le Asl a dotarsi di un sito web permetta un maggiore controllo dei costi e dei servizi, e costituisca un reale deterrente alla corruzione. Anche di digitalizzazione e di trasparenza nella sanità si parlerà il prossimo 6 aprile nel corso della prima Giornata nazionale contro la corruzione in sanità, organizzata da Transparency International Italia insieme a Censis, Ispe Sanità (Istituto per la Promozione dell’Etica in Sanità) e Rissc (Centro Ricerche e Studi su Sicurezza e Criminalità).
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