“Non si può andare avanti così”: è una frase banale ma è quella che si sente ripetere più spesso, parlando con i 5 stelle dopo il passo falso del mancato ingresso nel gruppo dei liberali europeisti dell’Alde. Non c’è molta voglia di condurre una discussione pubblica: chi si è esposto maggiormente, come l’ex del direttorio Carlo Sibilia è stato bacchettato pubblicamente sul blog di Beppe Grillo. “Dovremmo stare fermi, non fare niente fino alle elezioni”, ironizza un eletto del Sud. Il primo punto è chi sapeva: i suoi colleghi giurano che Luigi Di Maio era al corrente della manovra per lasciare gli euroscettici di Nigel Farage. “Alessandro Di Battista è rimasto sorpreso dal post di domenica sulla votazione per passare all’Alde, almeno così ha detto a tutti”, racconta un deputato che ha partecipato all’assemblea congiunta di martedì sera insieme ai senatori.
ASSENZA GIANROBERTO Dito puntato, da molti, sull’europarlamentare David Borrelli, regista dell’operazione fallita. “Ma io non credo – spiega una fonte M5S a Montecitorio – che lui si sarebbe mosso senza avere le spalle coperte da Grillo e Casaleggio”. Il punto è che c’è Casaleggio e Casaleggio. Chi ha visto Davide nelle ultime ore lo descrive come “molto provato, perfino più taciturno del solito”. “Penso – spiega un senatore settentrionale – si senta la mancanza di Gianroberto. Lui ci conosceva, sapeva chi faceva cosa, telefonava a tutti. Il figlio è preparato ma non è il padre. E Grillo ci conosce poco”. La soluzione? “Sappiamo che dobbiamo evolverci, trovare un sistema di decisione più largo dopo la fine del mini-direttorio, ma non è chiaro come”, aggiunge. “La consapevolezza che dobbiamo fare qualcosa – osserva un parlamentare di peso – ce l’abbiamo tutti, ma non basta nemmeno convincere Grillo. Metti il caso di Roma, lui la decisione l’aveva presa, voleva staccare la spina alla Raggi, il post era già scritto. Poi Davide (Casaleggio jr., ndr) lo ha convinto a fare in quell’altro modo”.
CHI COMANDA “Nella galassia 5 stelle ci sono quattro centri di potere – racconta una fonte parlamentare interna – uno è Grillo, che ci mette sempre la faccia, ma non è quello che ha più potere. L’altro è Casaleggio, che con Grillo condivide il controllo del simbolo. Ma quello che muove i fili davvero è Di Maio: a lui stava bene l’approdo in gruppo moderato come l’Alde, e gli stava bene due volte perché non ci metteva la faccia personalmente. Controlla la comunicazione, i probiviri (Nunzia Catalfo, Paola Carinelli, Riccardo Fraccaro, ndr) sono tutti di sua fiducia e tramite Danilo Toninelli controlla anche il lavoro che si fa in una commissione importante come la Affari costituzionali. Promette la rielezione a tanti, ma chissà se poi potrà mantenere le promesse… Infine, c’è Di Battista, con il suo oceanico seguito sui social network”. Ma i centri di potere non sono tutto: “Siamo alla crisi più grave dalla nascita del movimento – spiega ancora l’anonima fonte stellata – e si sentono voci mai sentite prima. Ci sono nomi pesanti sul fronte degli incazzati, e c’è addirittura chi pensa a dimettersi da parlamentare: e ulteriori casini e rivelazioni sulla giunta di Roma potrebbero far esplodere la ribellione. Ma i più puntano ancora a convincere Grillo: magari andandoci in gruppo, come ai bei tempi (ma una volta ci andarono i dissidenti e finì con le espulsioni, ndr)”. “Grillo? – chiosa un deputato – Non mi fido più molto della sua lucidità, ma certo, ci dovrebbero parlare in tanti…”.