Elly Schlein inizia andando subito al sodo, il suo intervento di chiusura alla festa dell’Unità di Reggio Emilia affronta subito il nodo più spinoso, quello che sta agitando gli alleati del “campo largo”. La segretaria democratica lo spiega chiaro e tondo, e ci tornerà anche alla fine del suo intervento: descrive “il percorso che dobbiamo fare nei prossimi mesi”, quello di “un grande partito che non ha paura di mettere generosamente la propria forza al servizio di una proposta più larga, di unire le diversità per una meta comune”.
Non entra nel gioco dei veti e delle polemiche incrociate, ribadisce quella che per lei è la strada maestra da seguire: “Lavorare per una proposta di governo che poggi sulla questione sociale e salariale dimenticate da questa destra”. Concentrarsi sui temi, insomma – “cinque priorità” indica – per “chiudere la stagione del governo più a destra della storia repubblicana”. Un lavoro da svolgere “nel paese più che nel palazzo”, chiarisce, perché è vero che il Pd ha ottenuto un “risultato straordinario” alle europee di giugno, ma “non dimentichiamo che abbiamo il 50% di persone che non votano più”. La leader democratica ostenta l’orgoglio per il “24,1% delle europee”, ma precisa che il Pd non ha nessuna pretesa di “autosufficienza”.
La destra si può battere, insiste, citando la Spagna, la Gb, la stessa Francia, e per riuscirci c’è solo un modo: “Lavorare insieme a un progetto per l’Italia ambizioso: sanità pubblica, istruzione e ricerca, lavoro e salari, politiche industriali, diritti sociali e civili”. Impossibile, per la leader Pd, non sentire questa responsabilità di fronte a una destra che “pensa solo alle poltrone”; che trasforma la Rai nel proprio “ufficio stampa”, che ha fatto “un disastro” quando si è occupata di cinema e che, soprattutto, punta a “spaccare l’Italia” con l’autonomia differenziata e che sta preparando una manovra “senza respiro e senza misure per far ripartire il paese”.
Di nuovo insiste: “Alle altre opposizioni dico: lavoriamo insieme su alcune battaglie comuni per la prossima manovra. Sanità pubblica, diritto allo studio, statali, congedo paritario, politiche industriali”. Anche perché, ricorda, “Abbiamo davanti a noi anche importanti sfide regionali”. Non manca una frecciata a Giuseppe Conte, anche se la leader Pd non cita il suo nome: “Trump rappresenta una minaccia. Di fronte a quella minaccia non bisogna essere d’accordo su tutto per sapere da che parte stare, cioè quella dei democratici e di Kamala Harris”.
Quindi, di nuovo l’appello all’unità, in questo caso rivolto al Pd: “Se abbiamo ottenuto risultati straordinari è perché il Pd oggi è più unito che mai. Hanno perso le scommesse quelli che si aspettavano lotte intestine, scissioni, divisioni. Un Pd unito è il perno essenziale per mandare a casa questa destra”. Perché il partito che ha in mente, assicura, è “aperto, accogliente, curioso. Un partito plurale, nato da diverse culture politiche, tutte ugualmente importanti. Non ci sono ospiti qui dentro, dai fondatori agli ultimi arrivati siamo tutti padroni di casa, tutti parte di una sfida comune”. E la sfida, ora, è costruire l’alleanza larga, “l’alternativa” al governo di destra. La leader Pd ci crede, nonostante le risse continue tra gli alleati. Anche perché, lo dicono i numeri, è l’unica possibilità di giocarsi davvero la partita alle prossime elezioni, quando saranno.