La tregua sul Mes è saltata, nelle scorse settimane Nicola Zingaretti e il Pd avevano accettato controvoglia di rinfoderare le armi sul fondo salva Stati ma l’esplosione dei contagi ha convinto i democratici che non era più possibile restare fermi e le parole di Giuseppe Conte, domenica sera, hanno davvero aperto una crepa nel rapporto con il presidente del Consiglio. Una rottura che i due hanno provato a sanare con una telefonata, subito prima della conferenza stampa del presidente del Consiglio. Sarebbe stato Conte, raccontano, a chiamare il leader Pd per cercare di stemperare il clima e annunciargli l’intenzione di lanciare quel “patto di legislatura” più volte chiesto proprio dai democratici nelle ultime settimane. Parole che poi Zingaretti ha commentato positivamente.
Ma proprio il segretario Pd, solitamente molto prudente e felpato nelle dichiarazioni, stamattiva aveva scelto di rispondere in maniera ruvida a Conte che, incontrando i giornalisti, aveva liquidato la questione con un “il Mes non è la panacea”. Il leader Pd ha replicato piuttosto nettamente: “Le polemiche sono un errore. E un tema come il Mes va affrontato insieme nelle sedi opportune: in Parlamento e con la discussione politica tra governo e maggioranza e non certo con una battuta durante una conferenza stampa. Perché questo porta uno strascico di polemiche che non è in sintonia con la volontà che abbiamo di dare punti fermi agli italiani”. Con una chiosa finale significativa: “E non mi fate dire altro…”.
Parole alle quali Conte ha risposto in conferenza stampa, ma dopo aver parlato al telefono con Zingaretti. Il premier ha ribadito il giudizio sul Mes (“non è una panacea”), ma ha aggiunto: “Non ho detto faremo così o così, ho chiarito le ragioni per cui in questo momento non può essere la panacea dei problemi. Non significa che la questione Mes è stata risolta ieri con una conferenza stampa. Ci sono le sedi opportune e sicuramente ci sarà l’opportunità di parlarne nelle sedi opportune”. Il premier lo ha detto avendo accanto Roberto Gualtieri, il ministro dell’Economia che nelle scorse settimane aveva persuaso il Pd a non forzare la mano su questo argomento.
Le motivazioni che spingono il premier a frenare sono almeno due, una “tecnica”, che poi è quella esibita in pubblico: il ricorso al fondo salva Stati rischia di creare nervosismo sui mercati con possibili ripercussioni negative sui tassi di interesse che pesano sul debito pubblico del paese. Ma c’è anche una ragione politica, che non viene raccontata nelle conferenze stampa ma che domina i colloqui a quattr’occhi tra Conte e i leader di Pd e Iv: M5s è sull’orlo di un big bang e non è certo il momento di andare a giocare alla roulette russa in Parlamento su un tema che scatena l’ala più radicale del Movimento.
Ma le parole di Conte non bastano a rassicurare i democratici, anche se almeno stemperano i toni dell’altra sera e che avevano fatto perdere la pazienza ai democratici. Il premier, nel merito, ribadisce il suo giudizio negativo sul Mes e promette una discussione “nelle sedi opportune”. Il timore è che si perda altro tempo, mentre la situazione è già allarmante. Dice un parlamentare Pd: “I contagi sono fuori controllo, questa è la verità. Siamo preoccupati per quello che accadrà, le persone sono spaventate. Diciamo che vogliamo almeno che sia chiaro che qualcuno ha detto no per mesi a soldi che avremmo potuto usare”.